Valutazione: l'individualismo senza diritti!

Roma -

Oggi 9 novembre si terrà il primo dei tre tavoli tecnici promossi dall’Amministrazione per condividere con le OO.SS. il progetto relativo al sistema di valutazione del personale delle aree del MEF.

Ci stiamo quindi avviando alla conclusione di un percorso iniziato forzosamente con la sentenza del Consiglio di Stato n. 4713/2015 del 29/09/15 su un ricorso di un’organizzazione sindacale della dirigenza e che ha portato all’emanazione del DPCM contenente le modalità di applicazione della “meritocrazia brunettiana” al Ministero dell’Economia e delle Finanze e alle Agenzie Fiscali.

L’Amministrazione, in occasione dei pochi incontri che si sono tenuti sull’argomento, ha sempre incentrato la sterile discussione sull’esigenza di una vera e propria rivoluzione culturale, di un nuovo approccio al lavoro da intendersi come realizzazione di una performance soggetta a pesatura da parte di un dirigente/valutatore opportunamente formato e, ovviamente, culturalmente progredito. Inutile dire che, in tutte le fasi, la stessa Amministrazione ha sempre mirato a sminuire la reale portata delle ricadute del sistema di valutazione sul “tessuto sociale” degli uffici e sul salario accessorio, le progressioni di carriera e sul rapporto di lavoro.

La USB ha sempre contrastato la riforma della Pubblica Amministrazione dell’allora ministro Brunetta così come oggi combatte contro i provvedimenti, adottati in perfetta continuità, della ministra Madia che vedono, tra l’altro, nei sistemi di valutazione della performance la soluzione alla presunta inefficienza ed inefficacia della Pubblica Amministrazione. La panacea di tutti i mali, quindi, per irreggimentare i pubblici dipendenti, i fannulloni e i furbetti del cartellino quotidianamente e strumentalmente denigrati dalla grancassa mediatica di regime.

La nostra Organizzazione Sindacale ha sempre combattuto questa concezione nella convinzione che nella pubblica amministrazione si eroga il welfare e non si producono merci e che l’unica misurazione possibile deve essere il livello dei servizi resi alla cittadinanza. I sistemi di valutazione servono a ben poco se gli uffici sono sfiancati dall’ormai ventennale blocco del turn-over e dalla mancanza di investimenti sulle strutture e sulla formazione del personale, finalizzati unicamente a distruggere il servizio pubblico per aprire alle esternalizzazioni dei privati.

È chiaro che, allora, l’adozione di un sistema di valutazione della performance del personale delle aree sia funzionale ad altri scopi.

La valutazione è, in realtà, il grimaldello utilizzato per inserire la logica di competizione e del libero mercato all’interno del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti: lo strenuo perseguimento della performance individuale in realtà isola il lavoratore dal proprio contesto organizzativo che si caratterizza non più come il luogo solidaristico della produzione ma come un agglomerato di competitors l’un contro l’altro armati.

A ciò si deve aggiungere che la logica fondante dei sistemi di valutazione è costituita dalla contrattazione individuale tra valutato e valutatore nella quale si definisce la prestazione dalla quale deriveranno salario e diritti al di fuori della contrattazione e delle tutele collettive.

Le ricadute sui lavoratori, infatti, sono evidenti: la valutazione ha effetti sull’erogazione del salario accessorio, sulle progressioni di carriera, sul conferimento di incarichi e sul piano disciplinare.

In buona sostanza, l’adozione di un sistema di valutazione della performance è propedeutico allo stravolgimento del rapporto di lavoro e alla distruzione del contratto collettivo nazionale di lavoro.

Questa, per quanto ci riguarda, è la premessa con cui si aprirà al MEF il percorso dei tavoli tecnici sulla valutazione le cui inevitabili ricadute sulla pelle dei lavoratori apriranno devastanti scenari fino ad oggi sconosciuti per il nostro dicastero.

La USB PI MEF, come già annunciato nel precedente comunicato sull’argomento, parteciperà agli incontri programmati. Nessuna condivisione e nessuna complicità con l’Amministrazione nell’affinare uno degli strumenti più infami adottati contro i lavoratori, ma soltanto per la necessità di monitorare tutto il percorso e farsi voce e megafono di quanto accadrà per la corretta informazione di tutti i lavoratori.