FUA: segnali preoccupanti

Roma -

Da alcuni giorni stanno pervenendo, alla nostra organizzazione sindacale, segnali preoccupanti da alcuni uffici provinciali del MEF.

Gli effetti deleteri sul salario accessorio dei lavoratori, generati dall'applicazione dei famigerati articoli 21, 22 e 23 del CCNL 2006/2009 (misurazione e valutazione della qualità dei servizi), firmato da CGIL, CISL, UIL e dal restante sindacato giallo, si fanno sentire immediatamente.

Infatti, alcuni direttori dei dipartimenti provinciali del MEF hanno già inviato alle OO.SS. ipotesi di accordo sull’utilizzo del FUA per l’anno 2008 che risultano, oltre che assurde ed inaccettabili, persino in aperta violazione con le procedure previste dal Contratto Collettivo Nazionale Integrativo d’Amministrazione, siglato al MEF il 20 marzo 2000 e tuttora vigente.

Ci siamo trovati di fronte, infatti, a strampalati schemi di accordi decentrati locali per l’utilizzo delle già scarse risorse dei fondi di sede destinati alle singole sedi provinciali del MEF che prevedono uno spezzettamento inaccettabile delle somme destinate a tutti lavoratori.
In queste ipotesi di accordo, di cui siamo venuti a conoscenza, non è prevista nessuna produttività collettiva e l’intero importo viene suddiviso in schizofreniche percentuali attribuite ai lavoratori mediante l'applicazione di svariati e colorati criteri.

Il risultato immediato, quindi, sarà quello che difficilmente, per come è strutturato l’intero impianto, un lavoratore potrà percepire l’intera quota del fondo.

E' importante sottolineare, inoltre, che l'art. 34 del CCNL 2006/2009 prevede, a partire dal 31 dicembre 2007, l'incremento  del fondo unico di amministrazione (FUA) dello 0,11% del monte salari dell'anno 2005 ed integrato, dello 0,5%, non appena verrà approvata la legge finanziaria 2008 contenente gli appositi stanziamenti aggiuntivi che il Governo, puntualmente, ha disatteso.

La nostra contrarietà al contratto voluto e sottoscritto CGIL, CISL e UIL, è nota a tutti i lavoratori.
Avevamo già individuato, proprio nei famigerati articoli 21, 22 e 23 del CCNL firmato in via definitiva a settembre del 2007, uno dei più pericolosi punti di caduta dell’intero impianto contrattuale.
Si vuole introdurre un sistema di diversificazione della retribuzione accessoria basata esclusivamente su criteri generali dell'articolato contrattuale ed, in particolare, in quelli previsti da alcuni commi dell’art. 23, il peggiore.

Inoltre, in queste bozze di accordo, si sorvola, colpevolmente, sui modi di partecipazione delle stesse organizzazioni sindacali che pure sono contemplati dagli articoli del nuovo CCNL e dal più generale rinvio alle relazioni sindacali previste dai precedenti contratti del 1999 e del 2003.

Infatti, nel sistema delle relazioni sindacali, si prevede, in via prioritaria, la stesura del contratto collettivo nazionale integrativo d’amministrazione e si demanda, agli uffici di negoziazione decentrata a livello locale sede di singole RSU, solo l’applicazione dei criteri individuati dal citato contratto integrativo (artt. 4 del CCNL 98/01 e del CCNL 02/05).


Quindi, con queste ipotesi, qualche direttore provinciale (alcuni dei quali responsabili di sedi che TPS vuole chiudere), sta tentando di dare esito, immediatamente, a quanto il nuovo contratto nazionale prevede di fare mediante l'istituto della misurazione e della valutazione della produttività in materia di politiche di incentivazione: agganciare le retribuzioni, e non solo, alla qualità del servizio svolto.

I tentativi fatti in passato (articoli 35 e 36 del CCNL 1994/1997, per non parlare del famoso art.37 e della recente quota del 10%) hanno dimostrato non solo la difficoltà della misurazione (non produciamo bulloni ma servizi alla collettività) ma il fallimento di qualsiasi criterio legato alla valutazione del dirigente.

Questa volta, sotto la martellante campagna mediatica sui fannulloni sponsorizzata da Governo e Confindustria, ed avallata da CGIL, CISL, UIL, UNSA e geneticamente modificati, si vuole riproporre questo istituto non solo per la remunerazione del salario accessorio (che è bene ricordare essere parte degli aumenti contrattuali sottratti e usati come ricatto e divisione) ma, anche, come elemento fondamentale nella selezione per i passaggi di livello e come elemento di ritorsione per provvedimenti disciplinari.

L’introduzione, per contratto, di questi sistemi di misurazione e di valutazione evidenziano due grosse contraddizioni:

1) si parla di "premiare" con gran parte del FUA la maggiore produttività, la maggiore professionalità, l’ampliamento dell’orario di apertura al pubblico senza porsi il problema della carenza di personale per effetto del blocco delle assunzioni e dei tagli alle piante organiche attuati da oltre 10 anni; dell’aumento dei carichi di lavoro del personale "residuo"; dell’utilizzo del personale in servizio in mansioni superiori non riconosciute ne sanate da questo come da precedenti contratti; del taglio che le varie finanziarie hanno operato ai bilanci delle amministrazioni e che costringono i lavoratori ad operare in assoluta carenza di mezzi e materiali; della formazione inesistente rispetto alle nuove tecnologie e alle nuove procedure introdotte dalle varie riforme che hanno costretto i dipendenti a "percorsi" di autoformazione utilizzando il proprio tempo e il proprio denaro;

2) in assenza, quindi, delle condizioni minime si è pensato bene di affidare al dirigente la misurazione e la valutazione dei risultati e l’attribuzione del "premio" fornendogli una arma di ricatto e di divisione dei lavoratori micidiale che produrrà, nel migliore dei casi, un forte rallentamento dell’attività con un aumento della conflittualità.

 

Se l’obiettivo di questa norma è quello di migliorare la qualità e la quantità dei servizi offerti all’utenza senza intervenire sul miglioramento strutturale degli uffici ma, anzi, sopprimendoli come prevede il Ministro Tommaso Padoa Schioppa, il progetto è già fallito in partenza; se, invece, l’obiettivo è quello di scaricare, in prima battuta, sui lavoratori i costi e le responsabilità politiche delle scelte economiche fatte nel Paese dai vari governi che si sono succeduti, e successivamente sui cittadini, come fruitori del servizio, la manovra è perfettamente in linea con la politica delle riforme a costo zero che ci accompagna da ormai 20 anni.