Bruciati nell'olio

Roma -

4 operai morti, bruciati vivi, nell'olio fuoriuscito da una conduttura.

Altri 3, sono in condizioni gravissime, con ustioni sul oltre il 90% del corpo; altri, i più "fortunati", se la sono cavata solo con qualche bruciatura.

Nella fabbrica, il padrone, aveva imposto turni di lavoro di 12 ore.

Alcuni degli operai uccisi lavoravano con 4 ore di straordinario alle spalle.

Nella fabbrica in smobilitazione, in dismissione, destinata a chiudere a settembre, si risparmiava sulla manutenzione, sulla prevenzione e sulla sicurezza.

La Thyssenkrupp è il colosso multinazionale dell'acciaio inossidabile, con sede in Germania e stabilimenti in tutta Europa e non solo; in Italia è presente in due siti: Torino e Terni.

Quello di Torino nasce nel 1950 come Fiat Ferriere e si dedica alla produzione alla produzione di acciaio al carbonio; successivamente, con l'acquisizione da parte della multinazionale tedesca, viene convertito alla produzione di acciaio inossidabile che attualmente ammonta, tra caldo e freddo, a circa 400 mila tonnellate all'anno.

L'azienda dice di se stessa che "si qualifica per le innovazioni tecnologiche e produttive, per il rigoroso controllo della qualità che garantisce un elevato livello dell'intera produzione, per l'accurata assistenza tecnica alla clientela, per il volume e l'estensione degli scambi commerciali".
Tutto molto bello ed interessante per i loro profitti: peccato solo che tutta questa alta affidabilità non sia affatto diretta alla sicurezza sul lavoro, alle condizioni dei lavoratori come è ampiamente e tragicamente dimostrato da questo assassinio.

Sono rimasti in 200 in quella fabbrica, dei 385 operai che lavoravano fino a luglio di quest'anno, e la multinazionale ThyssenKrupp, per aumentare i propri profitti, li ha spremuti come limoni incrementando la produzione con turni anche di 16 ore.

Questo ennesimo "incidente", ha colpito l’opinione pubblica per le modalità con cui è avvenuta: operai bruciati vivi, nell'olio, come se fossimo ancora nell’800.

Invece, questa, è la "modernità" del capitalismo di una classe dominante che ci odia, vendicativa e che vuole riportare nel nostro paese i rapporti sociali all’Ottocento.

Da sempre, per il capitale, gli investimenti devono servire ad aumentare i profitti e ciò che non rende, è capitale "morto".

Muoiano, quindi, pure gli operai pur di non spendere qualche euro in più in prevenzione e sicurezza.
 
Ora, tutti piangono lacrime di coccodrillo.

La Confindustria dei padroni, definendo questa ennesima strage un "fatale incidente"; i politici borghesi, questo governo pieno di ex sindacalisti confederali, parlando di "piaga inaccettabile" ma dimenticando di dire che nel 2006, mettendo nell’indulto l’omicidio colposo per cause di lavoro, hanno garantito l’impunità ai padroni e ai loro dirigenti; i sindacati confederali che accettano come legittimo il profitto e a questo subordinano ogni piattaforma sindacale e ogni legge sul lavoro, siglando contratti dove si peggiorano sempre di più le condizioni di lavoro.

Insomma, questo ennesimo incidente non è una tragica fatalità, ma la logica conseguenza di un'organizzazione del lavoro che ha cancellato ogni diritto dei lavoratori e considera, la loro morte, soltanto come uno "spiacevole danno collaterale".

Queste morti sono l'ennesimo atto della guerra, non dichiarata, dei padroni contro gli operai, contro i lavoratori.

Come sempre succede in questi casi, finito il clamore e la protesta operaia, i padroni se la caveranno con un risarcimento pagato dalle assicurazioni.

I dirigenti della Thyssenkrupp, recidivi e già condannati 4 anni fa per incendio colposo, allora se la cavarono con due patteggiamenti.

Eppure, dalle prime testimonianze rese dagli operai scampati al rogo, la linea non era dotata di estintori e di idranti funzionanti, di adeguati mezzi di sicurezza e il telefono di emergenza era staccato.

La ThyssenKrupp, intenzionata, come era noto, a dismettere lo stabilimento nel giro di un anno, si è comportata come se la linea non esistesse più.

Ancora una volta, dirigenti ed amministratori dell’azienda, hanno deciso di risparmiare sulla pelle dei lavoratori, così gli operai sono stati mandati alla morte senza che la dirigenza si ponesse alcun problema.

Portare a casa un salario, nella guerra quotidiana fra capitale e lavoro, è sempre più rischioso.

Nel 2006, sono stati 1.302 lavoratori morti per arricchire i padroni di Confindustria, 28 in più del 2005 e nel 2007 si prevede un nuovo "record". Anche le malattie professionali, non tabellate, sono in aumento, dal 71% del 2002 all’83% del 2006.

Dietro ai morti sul lavoro c’è la brutalità e la violenza del sistema capitalista.

Protetti dalle leggi che tutelano la proprietà privata dei mezzi di produzione, in nome del libero mercato e del profitto, i capitalisti hanno impunità e licenza di uccidere.

Negli ultimi anni, la condizione operaia è peggiorata costantemente e l’aumento dello sfruttamento, del peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, sono la causa principale dell’aumento degli infortuni e dei morti sul lavoro.


Con il ricatto del posto di lavoro e la riduzione dei salari reali, subordinati alla produttività, i padroni costringono a lavorare sempre di più e sempre peggio.

Alla Thyssenkrupp, dopo l'ultima crisi aziendale che ha quasi portato alla chiusura dello stabilimento, la flessibilità e gli orari si sono dilatati allo spasimo, con i turni di dodici diventati norma.

Lavoratori stanchi, piegati da turni spaventosi, dalla paura di una chiusura annunciata e dalla disoccupazione: questi sono i morti del sei dicembre.

Ecco cosa sono gli operai, i lavoratori salariati nel sistema capitalista, in questo neoliberismo della competitività dei marcati: carne da macello.

Dove sono, ora, i teorici della precarietà e della flessibilità del lavoro?

Dove sono i predicatori del liberismo e della fine dello stato sociale?

Dove sono tutti gli opinion maker che ogni giorno ci inondano di parole inneggianti le grandezze di un sistema politico-economico basato sul liberismo, sulla deregolamentazione del lavoro, sulla privatizzazione dei servizi?

 

Solo in una società dove si produce per soddisfare i bisogni degli esseri umani e non per il profitto, eliminando lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, è possibile mettere i lavoratori e la vita umana al primo posto creando le condizioni per mettere al bando i morti sul lavoro e di lavoro.
Porteremo sempre con noi questi nomi: Antonio, Roberto, Angelo, Bruno.

Ed ogni volta che sentiremo qualcuno parlare di flessibilità, di mercato senza regole, di salari legati alla produttività, non gli diremo niente: gli ricorderemo solo questi nomi.


Esprimiamo la nostra solidarietà agli operai morti, ai feriti, ai loro familiari e invitiamo i lavoratori del MEF alla manifestazione indetta dalla FLMUniti-CUB in concomitanza dello sciopero dei metalmeccanici.

 

BASTA LACRIME DI COCCODRILLO

LUNEDÌ 10 DICEMBRE METALMECCANICI IN SCIOPERO PER L’INTERA GIORNATA
Manifestazione a Torino

Corteo Piazza Arbarello – Prefettura, partenza ore 9.30