BRUNETTA: il ministro rivoluzionario !

Roma -

Il Consiglio dei ministri del 15 maggio 2009 ha approvato, su proposta del Ministro Renato Brunetta, lo schema del decreto legislativo che dà attuazione alla delega contenuta nella legge n.15 del 2009 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni.

Prima di essere definitivamente approvata, "la rivoluzione di Brunetta", così come è stata ribattezzata, andrà al vaglio, per un parere non vincolante, delle Commissioni parlamentari, del CNEL e della Conferenza unificata di Regioni, Province e Comuni.

Il punto centrale della "rivoluzione", è l'attribuzione selettiva degli incentivi economici e di carriera, in modo da premiare i più capaci e i meritevoli.

Per aiutare le Amministrazioni a recepire questa nuova mentalità, è prevista la costituzione di un'apposita Commissione per la valutazione e Organi indipendenti di valutazione.

Infine, viene definito un catalogo di infrazioni gravi assoggettate al licenziamento, che potrà essere ampliato ma non diminuito dalla contrattazione collettiva.

Sui tempi di approvazione il Ministro "comandante", ha lanciato il suo anatema “Se non verrà approvato entro 60 giorni, mi dimetto! ”.

Anatemi a parte, il decreto rappresenta l’ennesimo, durissimo attacco al pubblico impiego, soprattutto in tema di salario e percorsi di carriera.

Nel testo approvato al Consiglio dei Ministri sono previste, infatti, le nuove modalità attraverso le quali i lavoratori percepiranno il salario accessorio e potranno effettuare i passaggi di livello.

Siamo di fronte alla meritocrazia spinta all’ennesima potenza, in stretta continuità con i contenuti del Memorandum siglato da CGIL, CISL e UIL: solo il 25% dei lavoratori potrà percepire l’intero salario accessorio legato alla produttività, mentre il 50% potrà percepirne solo la metà e, il restante 25%, dovrà essere penalizzato completamente non percependo, quindi, niente.

Tutto questo sulla base della valutazione della dirigenza.

Coloro i quali si troveranno per almeno tre anni nella fascia privilegiata, quella dei “bravi”, avranno una corsia preferenziale per poter effettuare i passaggi di livello. Si mettono in stretto collegamento, quindi, salario accessorio e progressioni verticali tutto, ribadiamo, sulla base esclusiva della valutazione della dirigenza.

Non ci vuole molto sforzo di immaginazione per prevedere cosa succederà negli uffici pubblici se il testo del decreto non verrà modificato, eliminando e non attenuando, come qualche organo di stampa ipotizza, questo ennesimo attacco ai lavoratori.

Assisteremo alle notti dei lunghi coltelli tra colleghi, in una logica sperimentata del “divide et impera” che, alla faccia del lavoro di squadra tanto decantato nei sacri testi dell’organizzazione del lavoro fino a poco tempo fa, metterà l’un contro l’altro armato, creando non solo malcontento e rabbia tra i lavoratori ma, anche, inevitabili ripercussioni sulla produttività e sull’organizzazione del lavoro, tanto da far già  preoccupare più di qualche amministrazione.

E’ di questo che ha bisogno la Pubblica Amministrazione per essere in grado di dare risposte sempre più adeguate all’utenza?

E nessuno si illuda di essere meritevole, senza possibilità di dubbio, di posizionarsi nella fascia degli eletti: il clientelismo e il favoritismo la faranno da padroni, così come è stato ampiamente dimostrato da “prove tecniche di trasmissione” che sono state già sperimentate in alcune Amministrazioni, anche negli anni passati.

L’anatema lanciato dal rivoluzionario Brunetta, combattente veneziano, che preannuncia le sue dimissioni dettando i tempi del percorso di approvazione, lascia chiaramente intendere la sua difficoltà.

Un ministro che, colpito da un delirio di onnipotenza mai visto sino ad ora, comincia ad accusare i colpi del suo operato.

La vicenda degli emoticon, scoop brunettiano per misurare il tasso di gradimento dell’utenza sui servizi erogati dalla pubbliche amministrazioni, si sta dimostrando un vero e proprio flop: non solo una scarsissima percentuale di utenti si presta ai giochetti del Ministro votando le faccine, ma quella stessa scarsissima percentuale dichiara che gli utenti sono soddisfatti del servizio pubblico, con punte che superano il 90%.

Il testo del decreto approvato dal Consiglio dei Ministri venerdì scorso, quindi, non lascia più alcun dubbio sull’intenzione di smantellare definitivamente la pubblica amministrazione e, persino, impedire lo svolgimento delle elezioni delle RSU nel Pubblico Impiego con la scusa del loro adeguamento al nuovo modello contrattuale.

Dividere i lavoratori in maniera così radicale, attraverso l’introduzione di meccanismi di pesante ed ingiustificata diversificazione salariale, significa, chiaramente, tentare di indebolirne la capacità di reazione, il loro potere contrattuale.

Se un’operazione di questo genere dovesse passare, non solo i lavoratori, soprattutto quelli delle qualifiche più basse, si troverebbero a dover fare i conti, seriamente, con il problema della fine del mese, ma si creerebbero tutte le condizioni per far passare ulteriori operazioni di esternalizzazioni, privatizzazioni, chiusura degli uffici e mobilità coatta.

Per questo è necessario non farsi abbindolare dallo specchietto per le allodole della meritocrazia; per questo bisogna reagire immediatamente nei posti di lavoro, utilizzando tutti gli strumenti di lotta a disposizione dei lavoratori per rispedire al mittente le aberrazioni contenute nel decreto.

Solo una ferma mobilitazione dei lavoratori è in grado di respingere questo ennesimo attacco!

L'8 maggio 2009, i lavoratori del MEF hanno già dato una prima concreta risposta.