Il furto del TFR

Roma -

Il ministro Tommaso Padoa Schioppa lo ha definito storico.
In realtà, se i lavoratori potessero esprimersi sull'accordo sul TFR siglato nella giornata di ieri tra il governo e le parti sociali, di storico ci sarebbero solo pesanti insulti, giusto per non essere volgari.

L'intesa firmata tra Governo, Confindustria e Cgil, Cisl, Uil, prevede il varo della previdenza integrativa a partire dal 1 gennaio 2007 anziché dal 2008 come previsto dalle norme varate dal passato governo di centrodestra.

I lavoratori, quindi, avranno sei mesi di tempo per decidere se lasciare la loro liquidazione in azienda o se destinarla ai fondi pensione (sia quelli gestiti da Cgil, Cisl e Uil che quelli già presenti sul mercato finanziario).

Se non si pronunciano, le loro liquidazioni verranno comunque indirizzate verso i fondi pensione, privilegiando, nel caso di esistenza di più fondi, quello individuato d'intesa con Cgil, Cisl e Uil.

Le risorse rimaste in azienda andranno, invece, direttamente ad un fondo dell’Inps, ma solo nel caso delle aziende con più di 50 dipendenti.

A sua volta la soglia di esenzione dei 50 dipendenti delle piccole imprese, che raccoglie le richieste della Confindustria, propone un assurdo sbarramento alla crescita della dimensione d'impresa e farà aumentare le assunzioni precarie.
Quindi, con una disinvolta operazione contabile che ricorda molto la finanza creativa dell’ex ministro Tremonti, il fondo dell'Inps è stato considerato un'entrata anziché, come sarebbe logico, l'accensione presso lo stato di un debito nei confronti dei lavoratori.

Le somme introitate serviranno per finanziare opere infrastrutturali, fra le quali l’Alta Velocità o persino la Difesa, sulle quali i lavoratori non hanno possibilità alcuna di decisione diretta.

Si tratta, in sostanza, di un grande giro di soldi che dalle tasche dei lavoratori (il Tfr non appartiene ai datori di lavoro ma è retribuzione differita) passeranno, tramite le aziende, all'Inps per essere depositati infine nelle casse della Tesoreria.
L'Inps, istituto nazionale della previdenza sociale, svolgerà quindi solo il compito dell'esattore. Ed essendo solo un tramite non potrà contare su quelle risorse, né come fonte di investimento né, tantomeno, come risorse da usare per incrementare le pensioni dei singoli lavoratori che hanno una posizione contributiva presso lo stesso istituto.

Le pensioni pubbliche e quindi il loro peso finale in rapporto all'ultimo stipendio continueranno ad essere incrementate, così come prevede la riforma Dini, solo dai contributi che i singoli lavoratori versano.

 

L'intesa, inoltre, prevede per la Confindustria (i padroni) compensazioni tali che l'intera operazione avverrà per loro a costo zero in modo da potere sostituire, senza traumi, il Tfr quale strumento di finanziamento.

Dopo aver già portato a casa l’abbattimento del cuneo fiscale, il padronato incamera un altro importante risultato.

Infatti, mentre alle imprese il cuneo fiscale, cioè la riduzione di tre punti del costo del lavoro, viene data in aggiunta a tutto il resto, per i lavoratori dipendenti la riforma fiscale è comprensiva di tutto.

Così la quota di riduzione del cuneo che spettava al lavoro dipendente, viene distribuita tra tutti i cittadini, compreso quel lavoro autonomo di cui la gran parte denuncia guadagni inferiori a quelli di un metalmeccanico o di un dipendente pubblico.

Intanto le imprese si godono in esclusiva la loro parte.

A questo si aggiunge, poi, la non restituzione del drenaggio fiscale, che riduce la busta paga in proporzione all’inflazione e l'aumento delle tasse sulla liquidazione.
I lavoratori e i pensionati da creditori sono così diventati debitori e già c’è chi si prepara ad esigere ulteriori sacrifici su pensioni (memorandum d'intesa tra governo e Cgil, Cil e Uil), contratti (inesistenti risorse stanziate e allungamento della vigenza contrattuale), disarticolazione dello stato (smantellamento degli uffici e dei servizi erogati) e flessibilità.

 

Quindi, i soldi dei lavoratori tutti li vogliono, sia i padroni che Cgil, Cisl e Uil con i loro fondi pensione.


17 NOVEMBRE 2006

SCIOPERO GENERALE

 

Ecco le dichiarazioni di entusiasmo di Cgil, Cisl e Uil.

Guglielmo Epifani (CGIL): "è un accordo veramente importante, è quello che la Cgil voleva. Spero che ora finiscano le polemiche strumentali di questi giorni: avevo chiesto a suo tempo la temporaneità e la temporaneità c'è. In più si finanziano attraverso l'Inps opere strategiche per il Paese. Si è quadrato il cerchio in condizioni difficili e per questo esprimo la mia soddisfazione".

Raffaele Bonanni (CISL): "La firma dell'accordo sul Tfr è un'intesa storica, sana un'ingiustizia che durava da dieci anni per i giovani e i meno giovani. La creazione dei fondi pensione cambierà il capitalismo. I lavoratori potranno entrare nel governo delle imprese. Decisiva sarà la diminuzione delle tasse per incentivare i fondi".

Luigi Angeletti (UIL): "L'accordo sull'anticipo del decollo della previdenza integrativa cambierà il Paese e lo renderà più moderno, più simile agli altri paesi europei. Finalmente in Italia esiste la possibilità per milioni di persone di partecipare a un fondo pensione integrativo. Ci dobbiamo impegnare affinché questo risultato sia conosciuto da tutti.

E li vogliono senza neppure chiedere il parere dei lavoratori anzi, stabilendo la destinazione del TFR con il metodo del silenzio-assenso.