Il numero 7 di PUNTO CALDO

Roma -

La spending review ha ucciso anche la cultura

All'inaugurazione dell'anno giudiziario il presidente della Corte dei Conti, Raffaele Squitieri, scopre che la spending review non ha funzionato. L’unico effetto è stato quello di ridurre drasticamente i servizi ai cittadini. Secondo Squitieri l’operazione che si prolunga ormai da anni e con diversi governi da ultimo quello Renzi ha prodotto:

 

"Dai tagli operati è derivato un progressivo offuscamento delle caratteristiche dei servizi che il cittadino può e deve aspettarsi dall'intervento pubblico cui è chiamato a contribuire".

 

A questo punto aggiungeremmo noi, dopo aver prodotto danni sociali irreversibili, la spending review ha danneggiato fortemente il tessuto e il patrimonio culturale del nostro paese.

Non si investe più denaro pubblico per la cultura se non per quella che garantisce risonanza mediatica, quindi i soliti noti e non sempre famosi, gli amici degli amici nello stile tutto italiota, con prodotti di discutibile qualità.

Il restauro e le grandi mostre sono affidati ai milioni messi a disposizione dalle grandi griffe (Tod’s, Fendi e altro, che ovviamente decurtano le spese dalla loro denuncia dei redditi), mentre il patrimonio artistico “minore”, quello sparso nel territorio man mano va in degrado sino a essere irrecuperabile. Gran parte del patrimonio archeologico è chiuso al pubblico per mancanza di personale. La stessa Pompei, sempre al centro delle notizie giornalistiche, ha intere aree e ville chiuse per carenza di guardiania. Il ruolo del MiBAC è fortemente ridimensionato. I contributi che andavano ad esempio al cinema sperimentale e ai giovani registi è inesistente, ora è la RAI che con i suoi bilanci finanzia alcune esperienze cinematografiche. I grandi musei statali non organizzano mostre in assenza di sponsor privati. Perle di bellezza paesaggistica e monumentale sono preda di vandalismi edilizi e di crolli continui. L’elenco delle cose negative messe in campo dal venire meno degli investimenti pubblici potrebbe essere lungo… lunghissimo. I vari ministri incaricati del dicastero culturale hanno dimostrato la loro nomina politica ed evidenziato la loro inadeguatezza culturale a gestire un così ampio e universalmente riconosciuto patrimonio culturale. Questo è il paese delle opere faraoniche incompiute, quando non addirittura sbagliate. Uscendo da Roma e andando verso i Castelli si può notare per esempio lo scheletro della famosa “vela” incompiuta dell’architetto Calatrava.

Un mostro di tubi metallici intrecciati che non è mai stata utilizzata, doveva servire per i mondiali di nuoto del 2009, costata già 200 milioni ed ora è abbandonata, resterà lì a futura memoria finché il tempo non la distruggerà. Non sarà mai terminata e smantellarla costerebbe più che completarla, sempre che ancora sia possibile dopo 7 anni di incuria.

Questo è il Bel Paese!

Mentre nel resto del mondo ed in particolare nei paesi europei, con un patrimonio artistico e architettonico insignificante se paragonato al nostro, la cultura è tenuta in grande considerazione ed è fonte di ricchezza anche economica, in Italia è ritenuta un costo e spesso insostenibile. Battute del tipo con la cultura non si mangia dimostrano come la politica italiana tiene in considerazione il suo grande e meraviglioso patrimonio.

Ci si ricorda della nostra cultura quando esperienze soggettive e private raggiungono risultati esaltanti come l’Oscar per la miglior colonna sonora assegnato di recente al maestro Ennio Morricone (87 anni), al quale vanno anche i nostri complimenti. Che dire? Anche nell’ottica del più ottuso dei capitalisti si percepisce che la nostra millenaria cultura può essere un grande “affare” e creare tantissimi posti di lavoro, oltre che farci scoprire giovani o nuovi talenti nelle molteplici discipline che la costituiscono. Pensiamo che questo paese purtroppo non invertirà più la china discendente che ha preso e all’orizzonte non si vede luce.

 

La Redazione