Tranquilli, ci pensa lo Stato !

Roma -

Nonostante la giornata positiva di lunedì, dall'inizio della crisi le borse mondiali hanno perso, in media, il 40% circa.

Secondo le stime della BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali), il valore dei derivati era, nel 2007, di 556 trilioni di dollari (cioè 556 mila miliardi).

Oggi, il valore è sceso a circa 333 trilioni.

Nel giro di poco meno di un anno è stata bruciata una ricchezza pari a 223 trilioni di dollari.

Nell'ultimo mese, le varie banche centrali del globo hanno iniettato nuova liquidità per circa 5 miliardi di dollari.

Una goccia nell'oceano.

E' chiara, quindi, l'entità della crisi?


In Italia, l'indice Mibtel della borsa di Milano è passato da quota 34.000 a 18.000 (dati del 7 ottobre) (- 47%).

Chi ha investito 1000 euro del proprio TFR nel giugno 2007 si trova, ora, una somma pari in media a 530 euro.

Se aggiungiamo alcune forme di garanzia a secondo del tipo di investimento effettuato, la cifra può salire all'incredibile livello di 650-700 euro circa (con una perdita secca di 300-350 euro).

Chi, invece, ha tenuto il TFR in azienda, ha guadagnato 30 euro.

Eppure tutti, CGIL, CISL, UIL, sindacati autonomi, economisti, politici, giornalisti, a quei tempi declamavano, a gran voce, la convenienza di investire il TFR in borsa.


Se il TFR piange, i fondi pensioni non ridono.

Il Fondo Pensione Integrativo dei metalmeccanici "Cometa", gestito da CGIL, CISL e UIL, per il solo crack della Lehmann Brothers, ha perso più 3,5 milioni di euro.

A tali perdite si devono sommare gli effetti derivanti dal calo di oltre il 40% delle borse mondiali.

Anche il fondo pensione dei giornalisti (che conta più di 15mila iscritti) segna profondo rosso. Se si esclude la gestione garantita (+0,5% da gennaio a luglio) i valori delle quote degli altri tre comparti sono diminuiti. La linea "Prudente" (quella che conta il numero più alto di adesioni) ha perso nei primi sette mesi dell'anno il 3,65 per cento. Peggio hanno fatto il "Mix" (secondo per numeri di iscritti, quasi 4mila) che ha ceduto l'8,25% e la linea "Crescita" (-10,48%).

Occorre cominciare a sperare di morire prima di andare in pensione.


Dal 29 settembre 2008, gli interventi pubblici a sostegno delle borse europee e americane sono ammontate a più di 1,4 miliardi di dollari.

I vari paesi Europei, dopo il documento approvato dai quindici dell'Eurogruppo, in ordine sparso stanno creando fondi pubblici nazionali che si aggirano in media sul 3% del Pil (la Francia e l'Inghilterra 300 miliardi, la Germania 500, la Spagna e l'Austria 100).

Per l'Italia, il governo, con l'approvazione dei due decreti legge in sostegno delle banche, vuole garantire la stabilità del sistema, la liquidità del sistema e la "fiducia dei risparmiatori".

Si potranno effettuare operazioni di scambio temporanee tra titoli di Stato e strumenti di debito delle banche italiane, rilasciare la garanzia dello Stato su operazioni di prestito titoli stipulate da banche italiane con soggetti privati anche non bancari, prestare la garanzia statale sulle nuove passività delle banche italiane con durata fino a 5 anni emesse entro il 31 dicembre 2009.

Il tutto, ovviamente, senza alcuna necessità di costituire un fondo e predeterminare importi, in quanto si metterà a disposizione "quanto sarà di volta in volta necessario".

 

Insomma, quando si tratta di (tentare di) salvare i mercati finanziari, i soldi saltano fuori come un coniglio dal cappello.

Quando si tratta, invece, di prendere misure di welfare, garantire continuità di reddito ai precari, migliorare i servizi pubblici, rilanciare la previdenza pubblica, rinnovare i contratti a milioni di lavoratori, evitare privatizzazioni, improvvisamente i soldi spariscono.

In realtà, la ragione di questa attuale e gravissima crisi finanziaria, di cui ora vediamo solo i primi effetti, non è il frutto di finanzieri avventurieri, di qualcuno che "non rispetta le regole", ma la conseguenza inevitabile di questo sistema capitalista che brucia miliardi, in speculazioni finanziarie per aumentare, virtualmente, i suoi utili.

In questo modo, la carta si mangia la ricchezza prodotta dallo sfruttamento del lavoro salariato.

La crisi, infatti, nasce e si sviluppa all’interno di quello che è il cuore del capitalismo contemporaneo.

Non riguarda un settore marginale, bensì il luogo dove si materializzano i profitti e si decidono le strategie di finanziamento dell’accumulazione.

A questo, si deve aggiungere anche i miliardi bruciati negli interventi di "guerra umanitaria" sparsi nel mondo.

E mentre i responsabili delle banche, invece che in galera, se ne vanno a casa con liquidazioni d'oro, gli operai, i lavoratori e le masse popolari diventano ancora più poveri.

Per i padroni, il sole dell'opportunità non tramonta mai.

Si fa impresa senza assumersi i rischi, usando gli strumenti della finanza creativa e, se le cose non vanno, ci pensa lo Stato mentre ci si ricicla spostandosi di qua o di là.

Tanto, le buonuscite non mancheranno mai.

 

17 OTTOBRE 2008

SCIOPERO GENERALE

manifestazione ore 9.30 p.zza della Repubblica ROMA