Il "lusso" del Ministro

Roma -

Era la fine di agosto quando, mentre due uomini morivano di lavoro (uno a San Ferdinando di Puglia rimasto intrappolato in una cisterna mentre stava impermeabilizzando le pareti con catrame e diluente; l'altro, invece, morto folgorato da una scarica elettrica in un cantiere edile sulla Costiera Amalfitana), il Ministro dell'Economia e delle Finanze pronunciava dal palco del "bagaglino" di Berghem Fest, ad Alzano Lombardo, che si deve "rinunciare ad una quantità di regole inutili, siamo in un mondo dove tutto è vietato tranne quello che è concesso dallo Stato, dobbiamo cambiare. Robe come la 626 sono un lusso che non possiamo permetterci. Sono l'Unione Europea e l'Italia che si devono adeguare al mondo".

Più tardi, il portavoce del ministro ha spiegato che, "parlando della legge 626, il Ministro tra le regole eccessive si riferiva all'Europa, alla giurisdizione europea e alla sua estensione rispetto all'obiettivo sulla sicurezza del lavoro, che resta, invece, essenziale".

Ieri, l'ennesima cisterna della morte a Capua, la terza nel giro di un mese, che si aggiunge alle sei cisterne assassine degli ultimi tre anni, da Molfetta in poi.

Tre operai di una ditta esterna uccisi dalle esalazioni in una fabbrica di proprietà olandese che si occupa di chimica farmaceutica. Trattati come schiavi e uccisi per pochi euro di straordinario, necessari per portare avanti la famiglia.

Ma i tre operai di Capua non sono state le uniche vittime di incidenti avvenuti ieri sul lavoro. In provincia di Pistoia, un lavoratore romeno è rimasto schiacciato da una pressa nell’azienda nella quale lavorava.

Il "lapsus" del Ministro dell'Economia e delle Finanze sul fatto che la 626 (ora D.Lgs 81/08, già ritrascritto in favore dei padroni di Confindustria con la controriforma del D.Lgs 106/09) sarebbe un lusso, potrebbe suonare come una semplice e innocua gaffe ma, in realtà, rivela il vero sentire e la vera cultura rispetto alla sicurezza sul  lavoro; e tanto più maldestra è stata la precisazione della sua portavoce che, invece di temperare la cantonata del ministro, ha reso più esplicite le ragioni di quelle dichiarazioni.

Infatti, con il pretesto di "ridurre la burocrazia" e "semplificare" le norme in materia di valutazione e gestione dei rischi in ambito lavorativo, la Commissione Europea sta mettendo in discussione molti obblighi dei datori di lavoro.

Insomma, fare risparmiare le imprese che, qualora il progetto dovesse andare in porto, non dovranno più redigere, per esempio, il documento di valutazione dei rischi (neppure quello semplificato); riduce il numero delle ispezioni dei luoghi di lavoro e limita il recepimento delle direttive in materia.

Il pensiero del Ministro, quindi, è perfettamente allineato agli orientamenti neoliberisti della Commissione UE.

Ed è proprio per questi motivi che l'esternazione del Ministro non va presa come una boutade tardo estiva, ma come il proseguimento del progetto politico di decrescita e deresponsabilizzazione infelice del ruolo dello Stato nella tutela del diritto alla salute delle persone che vivono del loro lavoro.

L'esternazione del Ministro, quindi, rientra nel progetto più complessivo di "adattamento" delle condizioni di lavoro e di sicurezza sul lavoro agli standard proposti da Marchionne e Federmeccanica, approvati dai padroni di Confindustria e legittimati dal Ministro del Lavoro, Salute e Politiche Sociali.

Il tutto, mentre in Italia gli omicidi dei padroni sui luoghi di lavoro raggiungono delle cifre impressionanti: i dati forniti confermano una tragica media, anche per il 2009, di 1.000 morti l’anno, come già per l’anno precedente in cui erano stati 1.120 gli assassini. Ad oggi, per il 2010, si contano 733 omicidi, 733.930 infortuni e 18.348 invalidi.

Altri omicidi del profitto, quindi, che devono portare, all'ordine del giorno, l'importanza della lotta contro lo sfruttamento del capitale sul lavoro, contro l'azione criminale del padronato e dei suoi gendarmi politici nello smantellamento del testo unico della sicurezza, nel cancellare le norme e i controlli, nell'incentivare la giustizia negata a lavoratori e familiari.

Occorre mobilitarsi, subito, contro questa guerra non dichiarata dai padroni, al fine di porre fine al sistema del primato del profitto sulla vita dei lavoratori.

Una guerra combattuta, giorno per giorno, da uomini e donne costretti a lavorare per pochi soldi, senza difese, senza tutele, come vuole il padronato e i sindacati collaborazionisti che congelano, sospendono e disdicono contratti nazionali, disegnano nuovi modelli contrattuali e "riformano" l'art. 41 della Costituzione che subordina l’interesse di impresa all’interesse sociale.

Le morti sui luoghi di lavoro non sono mai incidenti, non sono tragiche fatalità, non sono morti bianche; sono omicidi e dipendono dall'avidità di chi disprezza la vita per il profitto e, finché il profitto del capitale sarà un "valore" prioritario sul rispetto del lavoro, i lavoratori continueranno a morire.

Un lusso, per qualcun altro.