approvata la Bolkestein
La direttiva Bolkestein è stata, ieri, discussa e approvata, in prima lettura, dal parlamento europeo con 394 voti a favore, 213 contro e 34 astenuti.
L’emendamento, che proponeva il ritiro, ha ottenuto 150 voti.
La direttiva passerà, ora, all’esame del Consiglio Europeo e, quindi, tornerà all'assemblea parlamentare di Strasburgo. In caso di mancato accordo tra le due istituzioni europee si procederà alla conciliazione.
Gravissimo, a nostro avviso, è il compromesso raggiunto tra i gruppi popolari e socialisti.
Il voto è stato trasversale nei gruppi dei due schieramenti. La delegazione italiana si è presentata in ordine sparso all'appuntamento: Forza Italia e Udc, nel gruppo del Ppe, hanno votato a favore del compromesso e del testo finale. Così hanno fatto i Ds e la Margherita, i primi nel Pse e i secondi nel gruppo dei Liberaldemocratici, dove, invece, molti si sono espressi non a favore della mediazione.
Prc, Pdci e Verdi, così come annunciato, si sono espressi contro.
Ha votato no anche la Lega, mentre An, pur critica del testo, ha optato per l'astensione .
Il "compromesso" costruito dalle grandi famiglie europee PPE/PSE dà una nuova accelerazione al disegno liberista di un' Europa come libero mercato dei servizi, in cui i diritti del lavoro e i diritti sociali diventano variabili dipendenti dell’ossessione competitiva.
Perché di questo si tratta, anche nel nuovo testo modificato. Non c’è più il principio del paese d’origine, ma la libera prestazione dei servizi fra i paesi dell’Unione potrà essere esercitata senza nessun vincolo; vengono infatti mutuate “sic et simpliciter” le normative Gats dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e, nella stesura definitiva, sono stati eliminati perfino i deboli richiami alla difesa dei consumatori. Permane la deregolamentazione totale del lavoro autonomo, ovvero la spinta ad una ulteriore accelerazione della precarizzazione dei contratti di lavoro. Risulta confermata la messa sul mercato di moltissimi settori di servizi pubblici e si relegano le assemblee elettive, dai municipi ai governi nazionali a meri osservatori del libero fluire della circolazione dei servizi.
Quindi, i rischi di privatizzazione dei servizi restano tutti, mentre sarà possibile far rientrare dalla finestra il principio del paese d’origine presentandosi al lavoro come imprenditori di sé stessi (partita iva, co.co.co. o altro ancora).
La manifestazione europea dell’11 febbraio, indetta esplicitamente per il ritiro della direttiva, ha visto scendere in piazza oltre 15.000 persone.
Ma ieri, appena dopo il voto, nelle organizzazioni della CES, la Confederazione Europea dei Sindacati, a cui aderiscono le italiane Cgil, Cisl e Uil, molte sono state le voci di soddisfazione al compromesso raggiunto.
Sempre più spesso, in molte realtà lavorative, ci si trova a confrontarsi con gli effetti anticipatori delle linee guida della direttiva: infatti, sono molte le multinazionali e i settori che utilizzano in Italia lavoratori di altri paesi (a volte anche extra europei) con la paga e i diritti del paese d’origine.
I tentativi di far passare la direttiva Bolkestein, le direttive di settore e la pratica dell’obiettivo delle aziende e delle multinazionali più agguerrite rende necessaria una vasta risposta per fermare l’approvazione e per il ritiro della direttiva.
Dopo il No al trattato costituzionale europeo di Francia e Olanda serve un altro risultato importante per mandare in crisi l’Europa dei padroni, delle multinazionali e del liberismo, per aprire la strada ad una lotta che porti diritti e salari a livelli più alti, contro le delocalizzazioni e per la piena occupazione, senza precarietà.
La RdB/CUB Mef invita i lavoratori a partecipare alle scadenze di lotta previste, al fine di costruire un fronte sempre più ampio che sia in grado di ottenere il ritiro definitivo della direttiva Bolkestein.
L’approvazione, ieri, della direttiva in prima lettura non conclude l’iter e, anche se il cammino è lungo, non possiamo solo sperare nelle contraddizioni parlamentari.
Le elites dei banchieri, dei tecnocrati e delle multinazionali le potremo fermare solo con la lotta.
Solo in questo modo, si potrà tenere aperta la porta ad una Europa sociale e dei diritti.