Con i fratelli migranti

Roma -

Sabato 9 gennaio 2010, centinaia di manifestanti hanno tentato di raggiungere il Ministero dell'Interno, a Roma, per far sentire al ministro in carica il forte dissenso verso le sue inaccettabili dichiarazioni su ciò che è accaduto a Rosarno.

Nemmeno una parola sulla caccia all’uomo scatenata nei confronti dei migranti, degli assalti a colpi di fucile, sullo sfruttamento di migliaia di stagionali, da vent’anni impiegati con paghe da fame, costretti a rintanarsi in ricoveri fatiscenti, vessati da un’organizzazione malavitosa che nessun governo si è mai sognato di contrastare.

Il ministro dell'Interno, invece, ha preferito buttarla sull’eccessiva tolleranza nei confronti di chi arriva nel nostro paese per necessità.

Fanno bene, quindi, coloro che perseguitano gli immigrati che, a causa della loro condizione di irregolari, lavorano con salari inadeguati e forme di sfruttamento insostenibili soprattutto quando si mobilitano per difendere diritti e dignità.

L’ingente schieramento di forze dell’ordine non ha impedito, però, che la giusta rabbia dei cittadini romani e dei migranti confluiti in piazza Esquilino, tentasse di arrivare fin sotto il Viminale, dove ben due violente cariche hanno cercato di disperdere i manifestanti.

Una volta ricomposto, il corteo ha ripiegato verso piazza Vittorio.

E’ chiaro che il comportamento nella gestione dell’ordine pubblico fa il paio con le affermazioni del ministro dell'Interno e va inquadrato nella cornice più generale dove è il governo stesso ad alimentare razzismo e negazione del diritto ad un’esistenza degna di questo nome.

Nello stesso senso, vanno interpretate le indicazioni inviate ai presidi dal ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, unico esempio in tutt’Europa, di limitare ad un tetto del 30% la presenza di studenti immigrati in ogni classe.

La necessità di porre un argine allo sfruttamento indiscriminato degli immigrati e di rilanciare l’iniziativa contro il pacchetto sicurezza deve mettere in connessione i lavoratori e i precari migranti con le lotte dei cittadini e delle cittadine italiani/e.

Il ministro dell'Interno deve comprendere che il fronte è più largo di quanto crede, come dimostrano le lotte dei lavoratori della FIAT, dell’ISPRA, dell’Alcoa, dell’Eutelia, del gruppo Mediaset, della Coop solo per citarne alcune e che la crisi e il disagio sociale non si governano con i manganelli, con le deportazioni o fomentando odio razziale.

Le RdB ritengono la resistenza messa in campo a Rosarno frutto inevitabile di una condizione di vita bestiale, di un sistema che, impedendo ai lavoratori immigrati la possibilità di acquisire regolarizzazione e permessi di soggiorno, li getta nelle mani di speculatori malavitosi senza scrupoli.

I fatti di Rosarno, quindi, sono il frutto di una condizione lavorativa schiavista, nella quale i lavoratori immigrati sono costretti a subire ogni tipo di umiliazione e vessazione.

L’introduzione del pacchetto sicurezza, con il reato di clandestinità e il contratto di soggiorno con la legge Bossi-Fini, sono due facce della stessa medaglia che hanno, di fatto, alimentato e creato razzismo, odio sociale e lavorativo, e che tolgono ogni strumento di tutela sindacale e giuridica agli immigrati.

La politica del manganello e della xenofobia dimostra il fallimento legislativo e la totale mancanza della cultura dell’inclusione, del rispetto dei diritti e delle diversità.

 

Sta a noi lavoratori coniugare questi episodi, con le lotte di tutti coloro che, oggi, sono impegnati nella difesa dei propri diritti; con le lotte dei precari e di chi un lavoro non ce l’ha o lo aveva ed è costretto ad accettare pesanti condizioni per garantirsi un minimo di salario, condizioni che assumono le forme della schiavitù, proprio come a Rosarno.