CONTRATTO: cosa c'è veramente
E' stato trasmesso ai lavoratori, alcuni giorni fa, da parte di una organizzazione sindacale confederale, uno scarno comunicato con il quale venivano riportati i "benefici" contrattuali derivanti dal CCNL Ministeri, sottoscritto lo scorso 14 settembre 2007.
L'asettica informazione, chiaramente, ometteva volutamente una analisi specifica sull'intero CCNL, sia sui cosiddetti aumenti retributivi che sulla parte normativa e ordinamentale.
Come nostra prassi, invece, la RdB/CUB ha elaborato un documento generale che analizza l'intero CCNL e gli effetti nefasti che produrrà.
Siamo certi che sarà molto utile ai lavoratori, a quelli più attenti e sensibili, che non si scoraggeranno di fronte alla lunghezza dell'elaborato.
Iniziamo, da subito, sottolineando il permanere della norma fascista secondo la quale solo chi firma il contratto può accedere alla contrattazione integrativa di secondo livello, nonostante sia in possesso della maggiore rappresentatività.
Hanno diritto a tutelare i lavoratori, solo chi è d’accordo con la controparte, qualsiasi forma di dissenso è bandita.
Un problema di democrazia che questo contratto non ha voluto risolvere.
Con oltre 21 mesi di ritardo, quindi, lo scorso 14 settembre 2007, si è chiuso il CCNL comparto ministeri, il primo della stagione contrattuale del Pubblico Impiego, il terreno di sperimentazione di una nuova concertazione dove la svendita dei diritti dei lavoratori in cambio di spazi di cogestione risulta essere la vera novità.
Una trattativa avviata il 30 maggio, il giorno dopo che a Palazzo Chigi il governo e CGIL, CISL e UIL firmavano un accordo che, oltre a non trovare le risorse aggiuntive per i contratti, introduce l’impegno a portare da due a tre anni la vigenza del contratto.
Un contratto, quello dei ministeri, che si è svolto in parallelo con la trattativa, a Palazzo Chigi, sulla controriforma delle pensioni e che da quest’ultima è stato fortemente condizionato. Cosicché, quando si è pervenuti ad un accordo per la svendita delle pensioni sul tavolo governativo abbiamo assistito alla repentina chiusura del contratto dei ministeri.
RELAZIONI SINDACALI
L’art. 3 conferma il sistema delle relazioni sindacali previsto nei CCNL 1998/2001 e 2002/2005 con alcune modifiche apportate nel successivo art. 4.
Art. 4: i commi 1 e 2 aggiungono tra le materie di informazione i processi di riorganizzazione interna dei dipartimenti, i progetti del ministero sui processi di esternalizzazione e reinternalizzazione e le modalità attuative di questi processi.
I commi 3 e 4 aggiungono alla concertazione le nuove materie inserite nei commi dell’informazione.
Il comma 5 prevede che se l’amministrazione è articolata a livello regionale o interregionale la contrattazione integrativa si svolge anche a quel livello, con gli stessi soggetti sindacali, previsti a livello nazionale, sulla gestione dei fondi, sulla mobilità e sulla formazione.
Il comma 6 aggiunge alle materie di contrattazione integrativa le implicazioni dei processi di esternalizzazione e reinternalizzazione sul rapporto di lavoro.
Le modifiche apportate non sono di per sé stravolgenti, si prestano però ad una serie di considerazioni che tutti i dipendenti dovrebbero fare:
- si introduce e si formalizza con il contratto un ambito di relazioni sindacali e di contrattazione nuovo: quello regionale, dove si decideranno i particolari in merito alla mobilità, alla formazione e alla ripartizione del FUA da operare nelle sedi decentrate del ministero ad essa sottoposte con i soggetti sindacali che sono solo le organizzazioni sindacali esautorando, così, definitivamente le RSU e i delegati eletti direttamente dai lavoratori e superando abbondantemente i vincoli che “loro” si erano dati con gli accordi di Luglio 1993 sui livelli di contrattazione;
- a conferma di questo, e di quanto possa interessare loro il parere dei lavoratori, le nuove materie in termini di Informazione, Concertazione e Contrattazione si limitano al solo livello nazionale e di tutti quei processi di riorganizzazione, esternalizzazione e reinternalizzazione che producono gli effetti concreti proprio nelle sedi periferiche dei vari ministeri, i delegati RSU e i rappresentanti sindacali territoriali ne sono esclusi;
- una considerazione di carattere più politico va fatta sul sistema delle relazioni sindacali che, oltre a non essere stato modificato nel suo impianto, risulta assolutamente inadeguato a garantire i lavoratori, soprattutto in questa fase di forte attacco al pubblico impiego in generale e al comparto ministeri nello specifico coinvolto in ristrutturazioni selvagge ed incontrollate che questo impianto di relazioni sindacali sicuramente non è in grado di contrastare. Un disegno premeditato da parte dei sindacati neo-concertativi e del datore di lavoro (il Governo) che aprirà scenari certamente deleteri per i lavoratori.
ORDINAMENTO PROFESSIONALE
Gli obiettivi e le finalità che il contratto dà alla modifica dell’ordinamento professionale (articolo 5) sono talmente generici e lontani dalla realtà lavorativa del comparto che già da questa generica premessa si capisce dove si vuol parare.
Dopo aver magnificato l’operazione a sostegno della funzionalità degli uffici e per valorizzare e sviluppare la professionalità, aver ribadito l’impegno a favorire attraverso la crescita economica e professionale dei lavoratori, la maggiore efficacia e qualificazione della Pubblica Amministrazione, si passa ai principi su cui la nuova classificazione si basa:
- valorizzazione della professionalità;
- flessibilità nella gestione delle “risorse umane”.
Nessun accenno al mansionismo che, nel frattempo è cresciuto enormemente nel comparto, ma solo la necessità di una maggiore flessibilità del personale. In che modo?
Cambia la classificazione (articolo 6), le vecchie aree A, B e C sono costituite dalla Prima, Seconda e Terza area.
Per ogni area sono previste le declaratorie che individuano le attività lavorative che i dipendenti inquadrati nella specifica area devono svolgere a prescindere dal livello retributivo di inquadramento, oltre che a svolgere tutte quelle attività ritenute strumentali o complementari.
I profili professionali sono collocati all’interno delle aree e spalmati su più fasce retributive.
I profili professionali (articolo 7) devono essere ridefiniti dalla contrattazione integrativa con l’assistenza obbligatoria dell’ARAN; questa definizione deve essere ispirata alla massima flessibilità d’impiego del personale e caratterizzata per il titolo di studio richiesto per l’accesso dall’esterno.
La contrattazione integrativa dovrà seguire precisi criteri per la ridefinizione dei profili professionali (articolo 8):
- superamento della eccessiva parcellizzazione attraverso l’accorpamento dei profili riconducibili ad una tipologia lavorativa comune;
- individuazione all’interno delle aree di profili unici escludendo l’articolazione dello stesso profilo su più aree;
- evitare descrizioni dei compiti analitiche o dettagliate ma rimanere a formulazioni ampie;
- attualizzazione delle mansioni in relazione ai processi di ammodernamento e alle nuove tecnologie;
- indicazione tra il vecchio e il nuovo sistema evitando accuratamente di non inquadrare il personale in posizioni retributive più elevate (per una operazione a costo zero).
Nel caso in cui nel nuovo profilo siano compresi lavoratori inquadrati in differenti livelli del precedente ordinamento, essi mantengono lo stesso trattamento economico in godimento, senza alcun aggravio di spesa.
Inoltre, le amministrazioni, in base alle proprie necessità, possono prevedere l’istituzione di nuovi profili professionali (articolo 9) in cui possono essere inquadrati, con il loro consenso, quei lavoratori inquadrati nelle fasce retributive comprese nel nuovo profilo, senza alcun aggravio di spesa, lasciando il 50% dei posti per l’accesso dall’esterno.
In prima applicazione del nuovo ordinamento (articolo 10), il personale viene inquadrato automaticamente nella fascia economica corrispondente alla retribuzione in godimento.
Sono fatte salve, con le procedure del vecchio contratto, tutti i processi di riqualificazione in atto ma i dipendenti interessati vengono inquadrati in base al livello in godimento e, successivamente, se riqualificati, nella fascia economica corrispondente alla nuova qualifica.
Sempre in prima applicazione, le amministrazioni possono effettuare, con le procedure previste per i passaggi di area, la ricomposizione dei profili professionali oggi spalmati su aree diverse (cancellieri, accertatori, ispettori, assistenti sociali, educatori etc.etc.).
Si ribadisce che l’accesso dall’esterno (articolo 11) avviene con concorso pubblico o, per profili che richiedano la scuola dell’obbligo, con le norme di legge all’avviamento al lavoro e, per la prima volta, viene sancito con un contratto che il 50% delle carenze di organico devono essere riservate per l’accesso dall’esterno, che a fronte del blocco delle assunzioni, significa la diminuzione del personale in servizio e minori possibilità di concorsi esterni.
Progressioni
Sono previste progressioni di carriera all’interno del nuovo sistema classificatorio (articolo 12), tra le aree (in base alle carenze in organico debitamente depurate del 50% da riservare all’esterno) e all’interno delle aree (come progressione economica di uno specifico profilo professionale). Tali progressioni sono regolate da specifici articoli del contratto che richiamano valutazioni della qualità dell’esperienza maturata.
Per le progressioni tra le aree (articolo 13) viene ribadita la riserva del 50% dei posti disponibili per l’accesso dall’esterno e la forte selettività in base alla valutazione dei titoli e delle prove.
L’accesso alle prove selettive è garantito a tutti i lavoratori dell’are immediatamente inferiore che abbiano i requisiti culturali e professionali previsti.
La valutazione avviene prendendo in considerazione i titoli (di studio e culturali, corsi di formazione, valutazione del dirigente, svolgimento di mansioni superiori a norma di legge, lo svolgimento di specifici incarichi affidati dall’amministrazione, ulteriori titoli culturali e titoli vari non meglio specificati) e i risultati della prova selettiva. In ogni caso, il punteggio della prova selettiva deve essere prevalentemente sui titoli.
Inoltre, non possono partecipare alle selezioni i dipendenti che negli ultimi due anni siano stati sottoposti a provvedimenti disciplinari o da sospensione cautelare dal servizio.
Le progressioni tra le aree sono finanziate dall’amministrazione. Ma, l’articolo 36 (disposizione transitoria) prevede che la contrattazione integrativa può promuovere iniziative di riqualificazione tra la prima e la seconda aree, attingendo direttamente dal FUA.
Le procedure per lo svolgimento delle selezioni (articolo 14) sono individuate dalle amministrazioni, previa concertazione con le OO.SS. e se le selezioni interne abbiano avuto esito negativo i posti scoperti vengono messi a concorso esterno.
In sede di prima applicazione, e solo se c’è disponibilità di bilancio, le amministrazioni avviano entro un anno le procedure.
Il trattamento economico, in caso di passaggio tra le aree (articolo 15) è quello della prima Fascia dell’area superiore, compresa l’indennità di amministrazione.
Visto che è possibile che la retribuzione della fascia di provenienza sia maggiore di quella della prima fascia dell’area superiore, la differenza stipendiale viene mantenuta come assegno ad personam che continua a gravare sul FUA e viene riassorbito con eventuali progressioni nella nuova area, per cui pur facendo ulteriori avanzamenti di carriera, la retribuzione rimarrà invariata.
Nel caso in cui la retribuzione della fascia di provenienza sia inferiore e se in precedenza erano stati fatti passaggi di fascia interni all’are e, quindi, finanziati dal FUA, tali risorse ritornano nel FUA.
E’ prevista la possibilità, a domanda del lavoratore, di passaggio tra profili professionali a parità di retribuzione ed inquadramento all’interno dell’area (articolo 16) a patto che:
- i richiedenti abbiano i requisiti per il profilo;
- ci sia disponibilità nella percentuale di dotazione organica riservata ai concorsi interni;
- verifica dell’amministrazione dei requisiti professionali richiesti.
E’ consentita, inoltre, la partecipazione a bandi di riqualificazione all’interno dell’area anche al personale proveniente da profili diversi.
Gli sviluppi economici all’interno delle aree (articolo 17) avvengono nelle fasce retributive in cui viene spalmato il profilo professionale, tali sviluppi sono definiti in sede di contratto integrativo e nei limiti della disponibilità del FUA.
Le procedure per i passaggi di fascia all’interno delle aree (articolo 18) sono soggetti ai seguenti criteri:
- i passaggi avvengono con decorrenza 1° gennaio per tutti i lavoratori interessati;
- le amministrazioni programmano i passaggi, tenuto conto delle disponibilità del FUA, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente;
- il numero dei passaggi è stabilito in base alle risorse economiche disponibili;
- l’anzianità minima nella fascia non può essere inferiore ai due anni;
- i passaggi devono essere valutati su base meritocratica in considerazione dell’anzianità di servizio, dei titoli di studio posseduti e dei corsi di formazione frequentati;
- i criteri devono, poi, essere ponderati per evitare che l’anzianità di servizio prevalga sugli altri titoli.
La contrattazione integrativa può integrare tali criteri.
Inoltre, come per i passaggi tra le aree, non possono partecipare alle selezioni i dipendenti che negli ultimi due anni siano stati sottoposti a provvedimenti disciplinari o soggetti a sospensione cautelare dal servizio.
Il trattamento economico nei passaggi di Fascia (articolo 19) è il gabellare della fascia superiore e l’indennità di amministrazione corrispondente.
Nel caso in cui l’indennità di amministrazione sia uguale, il lavoratore continuerà a percepirla nella stessa misura.
Relazioni sindacali del sistema di classificazione
Sulla base dell’articolo 20, vengono demandate alla contrattazione integrativa la determinazione dei criteri generali per la definizione delle procedure di selezione all’interno delle aree e l’individuazione dei nuovi profili professionali.
Mentre, sono demandate alla informazione preventiva e alla concertazione i posti destinati ai passaggi tra le aree e i criteri generali per la definizione delle relative procedure di selezione interna.
Una prima riflessione su questa delicata parte del contratto non può prescindere da quella che è stata l’iniziativa della RdB/CUB Pubblico Impiego sull’ordinamento professionale negli ultimi anni e in fase di rinnovo di questo contratto.
Una critica aspra rispetto ad una operazione palese di flessibilizzazione del personale e di risparmi di gestione da introdurre nelle amministrazioni statali a tutto discapito delle esigenze dei lavoratori, del riconoscimento della loro maggiore professionalità acquisita con anni di servizio, il loro utilizzo in mansioni superiori (che oggi vengono legalizzate) senza mai sborsare un soldo, il calpestare la dignità e offendere l’intelligenza di centinaia di migliaia di lavoratori statali spremuti come limoni e gettati via senza alcuna possibilità di riscatto, senza dare alcuna risposta alla legittima aspirazione di progressione professionale.
Altrettanto gravi, sono le ricadute che questo ordinamento avrà sull’efficacia ed efficienza del servizio pubblico erogato ai cittadini, di cui tanto si sciacquano la bocca, Governo, Aran e CGIL, CISL, UIL, UNSA e simili, che risulterà sempre carente e inadeguato alle esigenze, non per causa della “qualità delle prestazioni dei dipendenti”, ma per effetto del blocco delle assunzioni, del taglio alle piante organiche, dei tagli ai bilanci dei ministeri, alle riforme a costo zero che peggiorano il servizio e chiudono gli uffici.
Un ordinamento professionale, questo, che promette, a sentire CGIL, CISL, UIL, UNSA e cloni, la soluzione di tutti gli annosi problemi legati ai passaggi di livello (che è bene ricordarlo, hanno interessato e tuttora interessano solo il 30% dei dipendenti statali a fronte del secondo o terzo passaggio di livello operato da altri comparti che hanno la fortuna di avere autonomia di bilancio e non dipendere dal MEF) quando, invece, nel testo del contratto appare chiaro come i passaggi siano impossibili perché agganciati alle risorse del FUA, per i passaggi interni alle aree, e alla autorizzazione del MEF, per quelli tra le aree.
Il FUA è ridotto al lumicino per effetto dei pochi passaggi fatti e dell’utilizzo “improprio” che, anche questo contratto ne fa (finanziamento della perequazione, quote riservate a premi individuali, passaggi tra la prima e la seconda area), mentre il MEF (e quindi il Governo) non ha alcuna intenzione di stanziare risorse per la pubblica amministrazione, anzi!
Una altra contraddizione è quella della proliferazione delle fasce retributive dentro le aree che, oltre a rappresentare una valvola di sfogo per chi è inquadrato nei livelli apicali delle aree e non ha alcuna prospettiva di passare all’area superiore, creano disfunzioni per cui le fasce della prima area, le ultime 4 della seconda e le prime 2 e le ultime 4 della terza, hanno la stessa indennità di amministrazione.
Ancora, pur istituendo i profili professionali di area con medesime mansioni per tutte le fasce, l’indennità di amministrazione risulta, a parità di profilo, differente a seconda della fascia di collocazione.
La retribuzione tabellare delle ultime fasce di ogni area, poi, è superiore a quella iniziale dell’area successiva arrivando, così, all’assurdo di retribuire meno il personale a cui è richiesta una maggiore professionalità.
TRATTAMENTO ECONOMICO
Misurazione e valutazione della qualità dei servizi
Con questo contratto si vuole introdurre un istituto quale la misurazione e la valutazione della produttività (articolo 21) al fine di agganciare le retribuzioni, e non solo, alla qualità del servizio svolto.
I tentativi fatti in passato (articoli 35 e 36 del CCNL 1994/1997) hanno dimostrato non solo la difficoltà della misurazione (non produciamo bulloni ma servizi alla collettività) ma il fallimento di qualsiasi criterio legato alla valutazione del dirigente.
Questa volta, sotto la martellante campagna mediatica sui fannulloni sponsorizzata da Governo, Confindustria e CGIL, CISL, UIL, UNSA e geneticamente modificati, si vuole riproporre questo istituto non solo per la remunerazione del salario accessorio (che è bene ricordare essere parte degli aumenti contrattuali sottratti e usati come ricatto e divisione) ma come elemento fondamentale nella selezione per i passaggi di livello e come elemento di ritorsione per provvedimenti disciplinari.
L’articolo 22 detta i criteri di applicazione di questo istituto:
- fissazione degli obiettivi, delle prestazioni attese e dei criteri di valutazione;
- verifiche individuali periodiche su iniziativa del dirigente alla presenza del dipendente
- verifica finale con le motivazioni della valutazione con la partecipazione del dipendente;
- contraddittorio in caso di valutazione negativa con l’assistenza di un sindacalista.
L’articolo 23 esplicita le modalità applicative di questo istituto:
- gli obiettivi devono conseguire il miglioramento delle prestazioni individuali e collettive, migliorare la fruibilità attraverso l’ampliamento dell’orario di apertura al pubblico, accelerare e semplificare le procedure, migliorare le relazioni con il pubblico, conseguire risparmi di gestione;
- il dirigente individua i dipendenti da adibire ai progetti attribuendo formalmente i compiti;
- al contratto integrativo il compito di graduare i compensi in relazione alla percentuale di raggiungimento degli obiettivi;
- graduazione che deve tenere presente l’acquisizione di professionalità a seguito della formazione e l’acquisizione di esperienza lavorativa maturata;
- dopo aver verificato il raggiungimento degli obiettivi, la contrattazione integrativa fisserà i criteri per l’erogazione del salario accessorio garantendo il collegamento tra il “premio” e le prestazioni rese;
- i compensi possono essere corrisposti in una unica soluzione a conclusione della verifica o in base allo stato di avanzamento del progetto;
- in via sperimentale l’erogazione della parte variabile del FUA dovrà essere legata per il 30% al grado di soddisfacimento dell’utenza e per il 20% (più i risparmi di gestione sulle spese per il personale e i 10 euro pro capite previsti dall’articolo 35) al merito e all’impegno individuale;
- l’incentivazione deve, inoltre, tener conto degli obiettivi concordati tra amministrazione e dirigenti d’ufficio;
- viene escluso qualsiasi tipo di automatismo nell’erogazione degli incentivi che devono essere legati all’aumento di quella che è la normale attività lavorativa;
- i risultati per cui vengono utilizzati i fondi sono soggetti alla valutazione del Servizio per il Controllo Interno all’amministrazione;
- dopo un anno di questa sperimentazione è prevista una verifica presso l’Osservatorio sulla contrattazione integrativa istituito all’ARAN.
L’introduzione per contratto di questi sistemi di misurazione e valutazione evidenziano due grosse contraddizioni:
si parla di “premiare” con gran parte del FUA la maggiore produttività, la maggiore professionalità, l’ampliamento dell’orario di apertura al pubblico senza porsi il problema della carenza di personale per effetto del blocco delle assunzioni e dei tagli alle piante organiche attuati da oltre 10 anni, dell’aumento dei carichi di lavoro del personale “residuo”, dell’utilizzo del personale in servizio in mansioni superiori non riconosciute ne sanate da questo come da precedenti contratti, il taglio che le varie finanziarie hanno operato ai bilanci delle amministrazioni e che costringono i lavoratori ad operare in assoluta carenza di mezzi e materiali, per non parlare, poi, della formazione inesistente rispetto alle nuove tecnologie e alle nuove procedure introdotte dalle varie riforme che hanno costretto i dipendenti a “percorsi” di autoformazione utilizzando il proprio tempo e il proprio denaro:
in assenza, quindi, delle condizioni minime si è pensato bene di affidare al dirigente la misurazione e la valutazione dei risultati e l’attribuzione del “premio” fornendogli una arma di ricatto e di divisione dei lavoratori micidiale che produrrà, nel migliore dei casi, un forte rallentamento dell’attività con un aumento della conflittualità.
Se l’obiettivo di questa norma è quello di migliorare la qualità e la quantità dei servizi offerti all’utenza senza intervenire sul miglioramento strutturale degli uffici, il progetto è già fallito in partenza; se, invece, l’obiettivo è quello di scaricare sui lavoratori le responsabilità politiche e delle scelte economiche fatte nel Paese dai vari governi che si sono succeduti e scaricare i costi sui lavoratori in prima battuta e sui cittadini come fruitori del servizio, la manovra è perfettamente in linea con la politica delle riforme a costo zero che ci accompagna da ormai 20 anni.
Stipendio tabellare
Gli incrementi tabellari previsti dal contratto (articolo 29 e Tabella C) sono praticamente quelli previsti dalla legge finanziaria 2007 con scaglionamenti che rendono ridicolo il loro già misero importo.
Nessuna traccia degli ulteriori stanziamenti previsti dall’accordo del 6 aprile 2007 tra Governo e sindacati.
Gli arretrati sono, per quanto riguarda il 2006, limitati alla sola vacanza contrattuale mentre per il 2007 raggiungono la cifra di 40,86 euro lordi mensili per un B3.
Discorso a parte per l’ultima trance che sarà disponibile solo da gennaio 2008 e solo se verrà confermato lo stanziamento nella prossima legge finanziaria. Dopodiché, ai sensi dell’articolo 35, si dovrà firmare all’ARAN, un nuovo accordo su questa parte residua che dovrà passare al vaglio del Governo, della Funzione Pubblica e della Corte dei Conti e, dopo massimo 55 giorni, sarà esigibile. Se tutto va bene, i lavoratori dovranno aspettare non prima di marzo 2008, per ottenere gli ultimi 50 euro lordi mensili, sempre per un B3 ed arrivare, così, ad un incremento a regime di 91,01 euro.
Alleghiamo a questo documento, una tabella in cui abbiamo calcolato l’importo lordo degli arretrati che troveremo sulle buste paga di ottobre 2007 riferiti al periodo 1.1.2006 – 30.9.2007.
Indennità di amministrazione
Con una operazione furbesca viene sfrontato l’annoso problema della perequazione dell’indennità di amministrazione (articolo 31) che avrà i suoi effetti a partire da gennaio 2008.
Operazione furbesca perché innanzi tutto mette al riparo quelle amministrazioni che hanno avuto sentenze di condanna per la sperequazione dell’indennità e poi perché vengono usate le risorse del Fondo Unico di Amministrazione, e quindi, senza alcuna spesa a carico delle amministrazioni ma finanziando tutta l’operazione con i soldi dei lavoratori.
Altro elemento di contraddizione, è rappresentato dal fatto che non tutti i ministeri sono interessati da questa perequazione. La Giustizia, per esempio, continua ad avere l’indennità di amministrazione differenziate tra i vari dipartimenti.
Nel merito, vengono perequate le indennità dei lavoratori ex Marina Mercantile ed ex Aviazione Civile con quella dei lavoratori della Motorizzazione Civile; stessa perequazione per i dipendenti del Ministero delle Infrastrutture ex lavori Pubblici; il personale del Ministero dello Sviluppo Economico avrà la stessa indennità di quello dell’Economia e delle Finanze; identico trattamento per il personale dipendente dal Dipartimento delle Politiche Fiscali; al Ministero della Difesa, dove erano presenti tre diverse indennità, vengono unificate a quello di maggiore importo (area industriale).
La norma si preoccupa, nell’ultimo comma, di riaffermare il concetto che tali somme necessarie per la perequazione devono essere sottratte dal FUA che si riduce di conseguenza ed in via definitiva, cioè senza alcuna possibilità di incrementarlo negli esercizi finanziari degli anni successivi.
Solo al momento della cessazione dal servizio o del trasferimento ad altra amministrazione del dipendente, la quota perequata viene rassegnata al FUA.
Fondo Unico di Amministrazione
E’ previsto un incremento pari allo 0,11% del monte salari per il FUA (a conti fatti poco più di 2 euro procapite al mese) a partire dal 2008 (articolo 32).
Ma lo stesso articolo si preoccupa subito di definire una quota minima (20%) del FUA da destinare nel contratto integrativo alla produttività.
Scavalcando così l’autonomia negoziale delle parti e interferendo pesantemente su i processi di riqualificazione all’interno delle aree che sono finanziati con il FUA, già ridotto dalla perequazione dell’indennità di amministrazione.
Ma non è finita qui, l’articolo 36 (disposizione transitoria) prevede la possibilità, “in via eccezionale”, di attingere dal FUA le risorse necessarie per i passaggi dalla prima alla seconda area quando, invece, è previsto che i passaggi tra le aree siano finanziati con risorse provenienti dal bilancio dell’amministrazione.
Formazione
I principi generali e le finalità della formazione (contenuti nell’articolo 24), altro non sono che la sterile ripetizione di una serie di enunciati tanto condivisibili quanto ipocritamente solo enunciati.
Elemento di novità è l’aver scritto che le amministrazioni possono rivolgersi per la loro attività di formazione, oltre che ad altri soggetti pubblici, a società private, che dopo gli scandali delle lauree facili e dello spreco di denaro pubblico, non ci sembra essere il modo migliore per formare il personale.
Ma questa introduzione formale non è causale perché l’ultimo comma dell’articolo 25 prevede che le amministrazioni e i sindacati possono costituire “enti bilaterali per la formazione” che potranno utilizzare tutte le risorse disponibili per la formazione previste da direttive e norme di legge o da particolari disposizioni comunitarie, così CGIL, CISL, UIL, UNSA e affini, potranno svolgere il loro ruolo più connaturale e, cioè, quello di impresa.
Mobilità
L’articolo 26 introduce l’obbligo per le amministrazioni di dotarsi di una banca dati in cui risultino le carenze in organico distinte per sede, per area e per profilo non tanto per favorire la richiesta del dipendente di essere trasferito in altra sede, anche di altra amministrazione, quanto per riuscire a governare i processi di “deportazione” che l’applicazione delle riforme dei ministeri produrranno a seguito della chiusura degli uffici o della riduzione al 15% massimo del personale di supporto.
Come si evince chiaramente da questo documento e come avevamo ampiamente denunciato durante la trattativa presso l’ARAN attraverso i vari comunicati ai lavoratori, tutto l’impianto rappresenta un arretramento per tutti i lavoratori del comparto ministeri sia per quanto concerne i diritti sia per quanto riguarda l’aumento salariale che non recupera assolutamente la perdita del potere di acquisto eroso ulteriormente a causa dell’ultima legge finanziaria, i cui risultati negativi si continuano a vedere con gli ultimi aumenti di questi giorni.
Pertanto, diventa necessaria una condanna ferma e decisa da parte di tutti i lavoratori verso quei sindacati concertativi e collaborazionisti che da decenni contribuiscono a ridurre i diritti e le condizioni dei lavoratori.
Rafforzare le RdB/CUB rappresenta un passo decisivo per creare rapporti di forza favorevoli idonei a contrastare i processi di destrutturazione della Pubblica Amministrazione e le scelte negative che da anni, CGIL, CISL, UIL, UNSA e i vari sindacati autonomi, impongono a tutti i lavoratori del comparto ministeri in particolare e, più in generale, del Pubblico Impiego e del Privato attraverso gli accordi su TFR/TFS, pensioni e stato sociale.
Una buona occasione, si presenterà immediatamente con le elezioni delle RSU che si svolgeranno nel mese di novembre prossimo.
E’ indispensabile che i lavoratori diano un apporto diretto per ribaltare i rapporti di forza, candidandosi, sottoscrivendo e presentando le liste delle RdB/CUB Pubblico Impiego, attivandosi in prima persona anche dove la RdB/CUB non è presente.