ELEZIONI RSU 2015: UN VOTO, UNA SCELTA
Il documento dell'Esecutivo Nazionale Ministeri USB P.I. alle lavoratrici ed ai lavoratori del MEF.
Una P.A. demotivata e ricattata non aiuta la nazione ed è uno spettacolo penoso vedere la battaglia che artatamente la politica, troppe volte aiutata dai Sindacati di Regime, ha istigato tra i poveri: pubblico contro privato, precario contro tempo indeterminato, giovani contro vecchi…
I dipendenti pubblici in Italia rappresentano il 14,8% degli occupati. In Francia i pubblici dipendenti sono il 19,2% degli occupati, in Gran Bretagna il 20%.
I tre milioni e 400mila dipendenti pubblici rappresentano il 5,6% della popolazione italiana. In Francia ne rappresentano poco più dell’otto per cento; in Gran Bretagna il 10,9%.
Dopo averli offesi, vilipesi, attaccati, divisi, ritenuti in numero eccessivo, ora occorre essere conseguenti col percorso intrapreso da lungo tempo: vanno licenziati nel nome del “merito”.
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Curiosità: Da dove viene la parola meritocrazia?
In un libro del 1958 Michael Young (sociologo ed economista inglese), unendo un termine inglese a uno greco, coniò una parola che tanto fortuna riscuote oggi nel dibattito pubblico: meritocrazia. Quel libro - The Rise of Meritocracy 1870-2033: An Essay on Education and Equality - era un saggio satirico in cui l’autore immaginava la progressiva affermazione e la rovinosa caduta di una società governata dalle persone col quoziente intellettivo più alto. Young utilizzava questo espediente letterario, elaborandolo in chiave dispotica, allo scopo di denunciare le distorsioni di cui soffriva il sistema dell’istruzione pubblica britannica, che selezionava troppo presto i bambini e li inchiodava ad attitudini individuate in maniera eccessivamente sbrigativa. La meritocrazia, dal suo punto di vista, era un destino crudele, la cui prima vittima finiva per essere la stessa democrazia.
Sarebbe utile che venisse letto o riletto questo libro e che su questo scritto riflettessero tutti i noti e le note pasdaran del merito che s’aggirano per l’Italia e dentro i nostri Uffici.
Cosa ne sarà, per esempio, dei lavoratori delle Province?
Riportiamo un breve tratto dell’articolato documento pubblicato il 20 dicembre 2014 e tratto da rilievoaiaceblogliveri.wordpress.com:
“La situazione derivante dall’emendamento. Effetto del maxiemendamento alla legge di stabilità è il taglio delle dotazioni organiche:
1. per le province, in misura pari al 50% del costo della dotazione organica del personale di ruolo al 9 aprile 2014;
2. per le città metropolitane, in misura pari al 30% del costo della dotazione organica del personale di ruolo al 9 aprile 2014.
Questo implica che circa 20.000 dipendenti, entro aprile 2015, dovranno essere dichiarati “soprannumerari”. Cosa significa? Che pur continuando a lavorare presso province e città metropolitane, non fanno parte della dotazione organica. Ancor più chiaramente: il costo dei loro stipendi non è giustificato e, dunque, le province e le città metropolitane debbono disfarsene.
Da giovedì 18 dicembre ancora in questi giorni, Governo e maggioranza sono una voce sola nell’affermare: “nessun dipendente provinciale sarà licenziato”. Peccato che questa affermazione non corrisponda per nulla alla verità.
Di fatto, il maxiemendamento propone, per i 20.000 dipendenti provinciali circa interessati, una sorta del peggiore “accompagnamento” alla pensione o al licenziamento mai sperimentato in Italia.
Infatti, nella realtà si precostituisce una condizione di esubero di fatto dei 20.000 lavoratori, con una prospettiva di prolungamento della loro attività lavorativa di 48 mesi a decorrere dall’aprile 2015. E l’ipotesi del licenziamento è cosa certa, certissima: l’unico dubbio non riguarda “se” i dipendenti in esubero saranno licenziati, bensì “quanti” saranno licenziati.”
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E cosa attende i lavoratori del “nuovo MEF”?
Il nostro dicastero, ormai da tempo, partecipa attivamente alle politiche di smantellamento della pubblica amministrazione e, conseguentemente, dello stato sociale del nostro paese. È un percorso che viene da lontano e che inizia con la cessione all’INPDAP delle pensioni ordinarie, prosegue negli anni alternando le esternalizzazioni con passaggi di altri pezzi di attività e chiusure di sedi, continua con la soppressione delle storiche Direzioni territoriali dell’Economia e Finanze e finisce, per ora, con la soppressione di 10 RTS dal 1/2/2015.
Il progetto complessivo è chiaro: realizzare un Ministero centrale snello e tecnocratico dotato di una rete di ragionerie territoriali ridotta e su base regionale, con l’informatizzazione sempre più diffusa nel rapporto tra servizio ed utenza e con la portabilità del lavoro da una sede all’altra mediante l’utilizzo delle dotazioni organiche regionali.
Questo produrrà non solo la dematerializzazione del servizio ma scaricherà il costo di eventuali risparmi sui cittadini, costretti a ricorrere sempre di più alle società di servizi private, e sui lavoratori in termini di mobilità e di carichi di lavoro destinati a crescere in modo esponenziale.
In poche parole il MEF realizza, nel settore Tesoro, il modello di Stato alleggerito delle sue funzioni primarie e del rapporto non solo di servizio al cittadino ma anche del suo ruolo di presidio, di legalità e riferimento nel territorio.
Lo scenario appare parzialmente diverso, invece, per quanto riguarda l’altra parte della rete territoriale del MEF, ovvero le Commissioni Tributarie.
Incardinate sotto la Direzione della Giustizia Tributaria, un vero e proprio ministero nel ministero che ha finora gestito in forma autonoma tutta la rete territoriale del settore Finanze anche grazie al completo disinteresse del DAG, esse sono state quasi totalmente risparmiate dai tagli delle dotazioni organiche e dalle riorganizzazioni/smantellamento imposti dai vari provvedimenti di spending review grazie alla deroga prevista per gli organi giurisdizionali.
Nonostante ciò, il quadro complessivo delle Commissioni Tributarie appare del tutto sconfortante. A fronte di un contenzioso tributario la cui continua evoluzione rende sempre più difficoltosa la lavorazione dei fascicoli processuali e dell’introduzione del contributo unificato che ha affiancato una nuova attività di accertamento e recupero dell’evasione alla peculiare attività giurisdizionale, i lavoratori continuano a pagare sulla propria pelle la cronica carenza di dotazione organica effettiva e la conseguente ricaduta sui carichi di lavoro, il moltiplicarsi di lavorazioni ed incombenze legati ad obiettivi “fantasiosi”, la totale assenza di formazione specifica, un sempre più precario equilibrio tra potere amministrativo e potere giurisdizionale, una dilagante gestione unilaterale dei modelli organizzativi, dei processi produttivi e degli istituti contrattuali che va ben oltre i peggiori propositi delle “norme brunetta”.
Restano, inoltre, sullo sfondo la riforma del processo tributario e l’avvio del processo telematico, la cui fattibilità resta tutta da verificare, mentre la Direzione della Giustizia Tributaria continua a confezionare “interventi spot” come la famigerata direttiva 2/DGT recante le disposizioni concernenti la rotazione dei segretari di sezione in ottemperanza al Piano Triennale di Prevenzione e Corruzione (PTPC) redatto dal MEF per il triennio 2014-2016 dal quale, però, risultano esclusi i processi lavorativi delle Commissioni Tributarie (!).
È chiaro che la partita sul reale destino di tutta la rete territoriale del MEF si giocherà nei prossimi mesi e non potrà non incrociarsi con la riforma della pubblica amministrazione (40 uffici regionali del governo su tutto il territorio nazionale) e con il DL 90/2014 (mobilità entro 50 km, demansionamento finalizzato alla futura ricollocazione dei lavoratori in mobilità) con esiti e scenari facilmente immaginabili.
La USB sta conducendo da tempo, in splendida solitudine, una battaglia a livello generale contro le politiche di smantellamento del welfare, dei diritti generali e salariali dettate dalla Troika europea con iniziative, manifestazioni e scioperi generali.
È ora, prima che sia troppo tardi, che i lavoratori del MEF si riapproprino del proprio destino e scelgano, anche in occasione delle elezioni RSU 2015, di dare sostegno all’USB, unica realtà sindacale che sta dimostrando sul campo di essere in grado di costruire conflitto nei posti di lavoro e nelle piazze per dare voce ai lavoratori, a chi è stato dimenticato o addirittura additato come causa della crisi.
Un voto, una scelta per voltare pagina e provare a ricostruire un movimento dei lavoratori per riprenderci quello che ci è stato tolto.
Possiamo riuscirci solo se saremo in tanti, solo se lo faremo insieme.
Esecutivo Nazionale Ministeri USB P.I.
Coordinamento Nazionale USB P.I. MEF