Il numero 4 di PUNTO CALDO
Chi ci segue dal primo numero sa già che la motivazione per la quale abbiamo intrapreso un’iniziativa di questo tipo è stata la necessità di aggrapparci alla bellezza, all’arte e alla cultura, un’àncora di salvezza nel momento in cui si assiste al declino dei rapporti umani e all’affermazione di un modello di sviluppo basato sulla contrapposizione dell’interesse personale a quello collettivo. La cultura è anche una opportunità di riscatto in una fase in cui una pericolosa coltre sta offuscando le coscienze.
Focalizzarsi su una frequentazione consapevole della cultura e delle arti belle non è soltanto un esercizio che migliora l’individuo ma una condizione imprescindibile per la costruzione di una società migliore.
In questa ottica dovremmo salutare positivamente i dati contenuti in un rapporto pubblicato dal Giornale dell'Arte in cui viene confermato il crescente appeal esercitato dai musei di tutto il mondo che nel 2014 hanno attratto 182 milioni di persone. Ben 8 milioni in più rispetto al 2013. Ma è veramente così? Quanti visitatori hanno tratto beneficio da ciò che hanno visto?
In un’epoca in cui siamo bombardati su più fronti da un vorticoso susseguirsi di immagini e messaggi pubblicitari, la nostra capacità di discernere la qualità di ciò che osserviamo è messa a dura prova. Lo spettacolo a cui si assiste quando si visita un luogo d’arte rinomato è deprimente. Le opere interessano soltanto perché famose e la visita non è accompagnata dalla dovuta preparazione. Viene così sminuito lo sforzo, oggettivamente importante, sia fisico che economico di chi paga il biglietto.
La domanda è provocatoria: si può ancora parlare di sindrome di Stendhal? Abbiamo conservato la capacità dei grandi viaggiatori dell’Ottocento che, al cospetto di un’opera di straordinaria bellezza, arrivavano fino allo smarrimento?
Forse no. Ma provarci sarebbe già un passo importante.
La Redazione