Il nuovo governatore
Il 2005 è terminato con la nomina di Mario Draghi, ex capo del dipartimento del Tesoro, a Governatore della Banca d'Italia. Il nostro commento, a questa nomina, è particolarmente critico alla luce di due elementi. In primo luogo, una considerazione di merito. Il Sole 24 ore ha pubblicato uno degli ultimi interventi pubblici tenuti da Draghi nel settembre scorso. In questo intervento le parole magiche che compaiono sono "crescita" e "liberalizzazioni". Si tratta di un intervento inequivoco, in cui tutto viene affidato alle virtù della crescita economica e questa viene fatta derivare integralmente dalla liberalizzazioni del mercato dei beni, dei servizi e dei capitali. Si tratta di una impostazione che ripropone, a tutto tondo, i dogmi neoliberisti e non si sofferma nemmeno per un attimo a valutare i disastri che le politiche liberiste hanno prodotto in questi anni. In questa impostazione, non solo non vi è spazio per alcun dubbio relativo alla salvaguardia dell'ambiente, ma la stessa questione della distribuzione della ricchezza non viene nemmeno citata. Anzi, Draghi ha sostento che "maggiore è la crescita, in un sistema equilibrato come il nostro, ricco di storia, maggiore è anche la solidarietà". Quindi, anche la solidarietà deriva dalla crescita, anziché dalla giustizia sociale (di cui, ne siamo certi, non conosce il significato). L'impianto liberista che ha caratterizzato il Draghi delle privatizzazioni viene, qui, riproposto in pieno senza alcuna riflessione critica. Non si tratta, quindi, l'esser riusciti o meno ad ottenere una "nomina di alto profilo" e, neppure, individuare nella poca esperienza bancaria l'elemento critico della nomina. Il Governo mette a capo della Banca d'Italia l'uomo che è stato nell'ultimo decennio del secolo il campione delle privatizzazioni e, per di più, con il beneplacito delle opposizioni di centro sinistra. Tra il '92 e il 2001 (governo di centro sinistra e due anni di governo di centro destra) l'Italia produsse un volume di privatizzazioni che si rivelarono seconde solo all'Inghilterra.Si trattò della Telecom, dell'Eni, dell'Enel, dell'intero sistema bancario italiano e di molto altro ancora. Quel processo ha consegnato l'economia del paese in mano alla finanza ed alle sue speculazioni; ha accompagnato e accelerato in modo vistoso il declino industriale del nostro paese; ha precostituito il terreno per le scorrerie dei vari raiders di ogni colore, le cui imprese monopolizzano le cronache dei giornali in queste settimane. Mario Draghi è stato attore ed interprete di una politica e di una stagione, quella delle privatizzazioni, drammatica sia per gli interessi dei lavoratori sia per il tessuto produttivo del nostro paese. In secondo luogo è da sottolineare la soddisfazione espressa dai poteri forti riguardo a questa nomina, tanto a destra quanto a sinistra come al centro, in Confindustria come tra Cgil, Cisl e Uil. Confindustria saluta calorosamente il neo governatore e lo elegge, nei fatti, ad alfiere dell'ipotesi neocentrista. Quell'ipotesi, cioè, che punta ad una uscita morbida dal berlusconismo, che modifichi le forme mantenendone inalterata la sostanza. Dopo l'uscita di scena dell'impresentabile Fazio, i poteri forti salutano, quindi, la nomina di Draghi e lo eleggono a proprio punto di forza. Finita l'epoca dei capitani coraggiosi e dei furbetti del quartierino; finita prima in Confindustria con l'arrivo di Montezemolo e oggi alla Banca d'Italia, i poteri si riorganizzano e cercano una nuova stabilità. Compito nostro, è agire affinché aumenti il conflitto sociale e si svolti definitivamente pagina rispetto alle politiche neoliberiste e monitariste.