Il ritorno al NUCLEARE

Roma -

Sembra una commedia dell’arte, purtroppo il nucleare fa di questi scherzi e hai voglia a dire che il pericolo non sussiste.

Il Ministro Scajola non ha ancora finito di annunciare l’intenzione di ritornare al nucleare che l’incidente della centrale di Krsko in Slovenia, a 30 km dal confine italiano, 130 da Trieste e 230 da Venezia, e quelli della centrale nucleare francese di Triscastin (oggi, il terzo incidente dopo quelli del 7 luglio con 74 chili di uranio riversati in due fiumi e del 23 luglio con oltre 100 operai contaminati con radioelementi fuorusciti da un condotto del reattore 4), riporta drammaticamente alla ribalta il problema della sicurezza del "nucleare" e delle scelte politiche, di chiaro stampo capitalista, da perseguire in campo energetico. 

Infatti, per bocca del neoministro dello Sviluppo Economico, si è di nuovo prospettata l'intenzione dell'attuale governo di effettuare uno storico salto all'indietro lungo 21 anni quello, cioè, del ritorno alla produzione energetica nucleare.

Scelta più reazionaria in campo energetico non poteva realizzarsi.

Questa scelta trova effettività con un governo di centrodestra ma aveva, nel centrosinistra, un ottimo ariete di sfondamento. Nel 2007, infatti, l'ex ministro del governo Prodi, Bersani, aveva annunciato che di lì a pochi mesi sarebbe stata individuata un'area in cui realizzare un deposito unico nazionale di scorie radioattive.

Questo sarebbe stato il naturale passo, una volta superato il quale, si sarebbe aperta la strada ad un prepotente ritorno del nucleare su vasta scala.

Quindi, dopo i primi annunci timidamente sussurrati, le dichiarazioni e gli interventi pubblici dei vari esponenti della politica italiana che si sono susseguiti dalla fine dello scorso anno e poi sempre più incessantemente dall’ascesa del governo Berlusconi, nella “manovra economica triennale 2009 - 2011” (DPEF, art. 7 capo III del D.L. 112 del 25.6.2008, artt. 15, 16 e 17 del capo III del ddl 2.7.2008 n. 1441) viene annunciato che il Governo, entro il 30 giugno 2009, definirà una “strategia energetica nazionale” nella quale saranno indicate “le priorità per il breve e il lungo periodo” per il settore energetico.

Relativamente al nucleare, sono previste la possibilità di realizzare accordi con Stati esteri per lo sviluppo del settore nucleare e la delega al Governo per emanare, su proposta del Ministro dello Sviluppo Economico ed entro il 31 dicembre 2008, “uno o più decreti legislativi recanti i criteri per la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione elettrica nucleare, per i sistemi di stoccaggio dei rifiuti radioattivi e del materiale nucleare e per la definizione delle misure compensative minime da corrispondere alle popolazioni interessate”.

I luoghi interessati per realizzare impianti nucleari potranno essere definiti “siti di interesse strategico nazionale” e quindi soggetti a speciali forme di vigilanza e protezione.

Ci troviamo di fronte, pertanto, non più a semplici dichiarazioni d'intenti ma a scelte politiche concrete, fondate su una chiara dimostrazione della volontà di costruzione di un immaginario collettivo e condiviso, basate sulla fiducia nella meravigliose prospettive di uno sviluppo industriale e tecnologico illimitato, foriero di felicità per tutti, poveri e ricchi, nordisti e sudisti.

Non a caso, insieme al nucleare, è riapparso il rilancio degli OGM, del ponte sullo stretto di Messina e delle infrastrutture varie come TAV e consimili.

Insomma, cemento a piene mani, in salsa geneticamente modificata e radioattiva.

Riguardo al nucleare, siamo nel pieno di una mistificazione colossale che, nei prossimi mesi, raggiungerà il suo apice sostenuta da una indegna campagna pubblicitaria. La promessa di ottenere energia abbondante, a basso costo, pulita ed ecologica tanto da permettere il rilancio dell'economia italica e il contrasto degli effetti dei cambiamenti climatici, fa il paio con quella dei biocombustibili che dovrebbero liberare il mondo dalla dipendenza dell'inquinante petrolio.

In realtà, stanno scatenando aumenti di prezzo della materia prima tali da condannare intere regioni del mondo alla miseria e alla fame.

Senza alcun fondamento scientifico si propagandano bugie e favolette, utili per il chiacchiericcio quotidiano.

Fortunatamente ci sono ancora scienziati e tecnici che non si sono venduti e che ci forniscono dati tali da confutare, in profondità, quanto il politico di turno va sostenendo.
In poche parole, l'energia nucleare attualmente copre solo circa un decimo del fabbisogno mondiale di energia con tendenza a scendere in percentuale. Secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica delle Nazioni Unite (AIEA), di uranio fissile nel mondo ce n'è solo per 35 anni, con i consumi attuali.

Di uranio non fissile ce n'è molto di più, ma trasformandolo in materiale fissile si ottiene plutonio, pericolosissimo non solo per la salute (un milionesimo di grammo è sufficiente a provocare la morte per inalazione), ma anche per la facilità con quale può essere utilizzato nella fabbricazione di bombe.

La questione delle scorie: si calcola attualmente che, nel mondo, ci siano 250mila tonnellate di rifiuti radioattivi in attesa di stoccaggio definitivo. La vita delle centrali: poche decine di anni e alti costi di smantellamento e di messa in sicurezza dei residui radioattivi.

Sulla sicurezza: basterebbe fare un elenco della lunga lista di incidenti avuti nelle centrali nucleari sia per motivi interni legati al funzionamento, che quelli esterni provocati da eventi (come il terremoto che ha colpito la Cina ultimamente) per comprendere che non esistono centrali sicure come Scajola, Marcegaglia e compagnia vorrebbero farci credere.

E la promessa delle centrali intrinsecamente sicure, quelle di quarta generazione per intenderci, si traduce nel fatto che il prototipo dovrebbe essere pronto non prima del 2025, ma già ora il Nobel per la Fisica Carlo Rubbia giudica il programma di realizzazione insufficiente.


Poi c'è la questione della salute degli addetti alle centrali e delle popolazioni vicine, comunque sottoposte ad un rilascio, per quanto minimo sia, di radiazioni.

Sull'economicità dell'energia prodotta dal nucleare poi parlano i dati: negli USA è dal 1978 che non si mette in cantiere una sola centrale, come pure nell'area OCSE dagli inizi degli anni '90, Giappone escluso. Il costo crescente per le misure di sicurezza, i costi dell'intero ciclo di produzione, dalla progettazione allo smaltimento, fanno si che le centrali non siano per nulla competitive e che possano essere imposte al mercato solo da una politica di pesante sostegno statale, con i soldi, in sostanza, dei contribuenti.


La lotta al nucleare, quindi, non può che essere una più ampia e inglobante lotta per l'abbattimento del sistema capitalistico e delle sue logiche sfruttatrici ed accaparratrici, consapevoli del fatto che soltanto con un sistema basato sui bisogni sociali dei tanti e non degli appetiti di profitto dei pochi, si potrà raggiungere un reale superamento delle storture e, tra queste, il nucleare e i suoi sponsor, ne rappresentano una delle più importanti, dell’attuale iniquo sistema economico-sociale.