La Corte dei conti ha certificato il CCNL 2019-2021 delle Funzioni centrali
Lunedì i sindacati saranno convocati dall'Aran per la firma definitiva
La Corte dei conti ha certificato il CCNL 2019-2021 delle Funzioni centrali. Lunedì i sindacati saranno convocati dall'Aran per la firma definitiva. Gli effetti economici, calcolati in 105 euro mensili lordi di media, e gli arretrati tra i 1.300 e i 2.500 euro una tantum a seconda della posizione economica, arriveranno nelle buste paga di giugno (al MEF sembrerebbe si stia studiando anche l'ipotesi di una rata speciale a maggio).
Aspetteremo quindi di vedere se vi siano state apportate o meno modifiche sostanziali da parte degli Organi di controllo, per quindi sottoscrivere il nuovo, peraltro già scaduto, contratto.
La firma di USB non sarà la firma di chi ha dato una lettura finale positiva del contratto. Permangono, confermate anche dal giudizio dei lavoratori che si sono espressi tramite il referendum indetto da USB, tutte le valutazioni negative in merito agli insufficienti aumenti contrattuali, alla nuova struttura della retribuzione, ad un ordinamento professionale rinnovato solo attraverso l’introduzione di un'inutile ed elitaria quarta area, ad una valutazione discrezionale del personale che acquista sempre maggiore peso, ad una regolamentazione del lavoro agile che poteva sicuramente essere migliore, andando incontro a tutte le esigenze dei lavoratori. Permane anche la norma contrattuale che prevede l’esclusione dal sistema delle relazioni sindacali di chi non sottoscrive il contratto (informazione, confronto, contrattazione integrativa). Una norma che, impedendo a chi non sottoscrive il contratto di esercitare appieno la sua funzione, scientemente mira ad escludere ogni forma di dissenso al solo scopo di ostacolare il sindacato conflittuale in alternativa a quello complice e a quello corporativo.
I contratti che si stanno rinnovando, sono già scaduti e contengono aumenti del 3,8% a fronte di un’inflazione che corre oltre il 7%. L’inadeguatezza dei salari del settore pubblico, dovuta alla scelta di ridurre gli aumenti dei rinnovi contrattuali ad un mero recupero dell’inflazione, senza tenere conto dell’aumento dei costi energetici, si è acuita prima con il blocco salariale decennale imposto nel 2009 da Brunetta e oggi emerge con grande chiarezza nello scenario drammatico in cui le politiche guerrafondaie ci hanno calato.
La questione salariale è la priorità assoluta e va affrontata all’attacco prima che Governo e sindacati complici realizzino la solita pantomima delle compatibilità economiche, che costringe i lavoratori su posizioni difensive di riduzione del danno. I primi segnali in questo senso vengono da Confindustria con la richiesta di un nuovo patto sociale che intervenga sul costo del lavoro.
USB PI affronterà questa fase realizzando quanto dichiarato in campagna elettorale.