La Moratti non ci piace.
Ieri, gli studenti hanno assediato, pacificamente, le vie di Roma e Montecitorio.
Li hanno pestati ma, la rivolta degli studenti alla riforma Moratti, continua a salire.
L'università, uno dei luoghi massimi, anzi il luogo per eccellenza deputato alla produzione del sapere e alla formazione "alta". Una delle istituzioni attraverso le quali si misura il grado di civiltà di un Paese intero e, dopo il disastro della "riforma" Berlinguer-Zecchino, è caduta addosso tutta la capacità devastatrice di Letizia Moratti.
Finalmente le università si svegliano e si rimette in moto la voglia di lottare.
Facoltà occupate, scioperi, lezioni in piazza.
Certo, il ministro dell'Istruzione attuale è uno di quegli avversari che si vorrebbe avere sempre: è riuscita a far imbestialire tutti, ma proprio tutti.
Partita con l'aura "tecnocratica", efficiente, signorile, prima ha preso di mira uno dei settori fondamentali del nostro sistema "istruzione", tentando di buttare via il tempo pieno.
Poi ha tirato fuori un progetto di "riforma" generale della scuola media e superiore, basato sulla canalizzazione precoce dei ragazzi, costretti a "scegliere" il loro futuro (o destino) prima dei quattordici anni, sulla separazione classista tra chi è destinato agli studi superiori e chi dovrà accontentarsi di un titolo professionale.
Insomma, sull'idea fissa che la scuola pubblica è obsoleta e va nella sostanza ridimensionata, se non proprio smantellata, favorendo quella privata.
In mezzo, ci ha messo anche un patetico tentativo di imitare i creazionisti americani con la famosa circolare che abbatteva lo studio di Charles Darwin.
Infine, non senza aver assunto in ruolo, senza concorso, qualche migliaio di preti al posto degli insegnanti, ha aggredito il comparto, già per conto suo, più di tutti disastrato: l'Università.
In particolare, la signora ha decretato l'estinzione di una intera specie, i ricercatori, che costituiscono notoriamente, in tutte le istituzioni culturali del mondo, l'ossatura vera della ricerca e dell'innovazione critica.
Tanto, alla ricerca scientifica e culturale ci pensano le industrie americane.
Tanto, non bastano le tre "i", Impresa, Internet, Inglese a qualificare il senso del sistema d'istruzione?
Ecco, nessuna di queste idee ha funzionato.
Tutte queste idee, al contrario, hanno incontrato via via una resistenza massiccia, e una volontà sempre più diffusa di mettere la parola fine su tutta la sceneggiata.
Quanto all'università, va solo detto che gli atenei italiani sono reduci (ma è solo il capitolo più recente) da una intera settimana di sciopero, cioè di blocco dell'intera attività accademica, spesso decisa dai consigli di facoltà.
In prima fila, contro la politica del ministro, ci sono nientemeno che i Rettori.
Non si riesce a trovare quasi un solo ateneo che non si sia schierato contro.
Non si era mai visto il mondo universitario così compatto e determinato.
Un esempio concreto e illuminante della concezione della politica di questo Governo: che ha fatto dell'attacco ai principali "corpi" intermedi della società, alle "buone autonomie" della magistratura, del giornalismo, della cultura, della sanità, uno dei suoi "must".
Perché?
Perché nella loro idea di società, essenzialmente modellata sull'azienda e sulla logica dell'impresa, per esse non c'è posto.
In qualche modo, Letizia Moratti ha espresso questa "filosofia" al suo stato più puro.
Pensa e teorizza, da sempre, che la scuola debba funzionare come un'impresa.
Pensa, perciò, che i professori sono troppi e vadano drasticamente ridotti.
Pensa, infine, che il problema della formazione dei giovani non esista, ovvero esista solo per quei rampolli che prima o poi dovranno rilevare il patrimonio di famiglia e che, quindi, potranno prepararsi all'evento in lussuose e severe scuole steineriane.
Gli altri, tutti gli altri, potranno passare un po' di tempo a giocherellare con i "crediti" formativi, prima di andare ad ingrossare la massa dei lavoratori precari.
Questa, è la stessa filosofia che vogliono introdurre nella pubblica amministrazione, destrutturandola.
Questa, è la stessa filosofia che pratica attacchi ai diritti dei lavoratori del comparto a partire dall'imminente furto del "TFR".
La RdB/CUB Mef è vicina agli studenti, agli operatori dell'Università.
La loro lotta è la nostra lotta.