Le “grandi conquiste” del CCNL Funzioni Centrali 2022/2024: la settimana compressa

Roma -

In occasione della riunione sindacale del 13 maggio u.s. tra Amministrazione del MEF e CISLUNSAFLPINTESA (firmatari di CCNL) è stata avanzata da parte sindacale la richiesta di attivazione del confronto in merito alla settimana corta di 4 giorni a parità di orario (la settimana lavorativa compressa, non corta!).

L’Amministrazione del MEF, non più tardi di due mesi fa, si era dichiarata espressamente ed ufficialmente non interessata ad attivare questa nuova previsione di organizzazione oraria normata dall’art. 18 del CCNL Funzioni Centrali 2022/2024.

Ora che il ministro Giorgetti, per finanziare l’economia di guerra, esige i tagli lineari alla spesa pubblica tra cui le indennità di vacanza contrattuale per tutti i dipendenti pubblici e, con la circolare del 22 aprile, il vademecum delle 250 misure di contenimento della spesa pubblica (comprese le spese dei diversi Ministeri), il Capodipartimento ing. Fabrizio Curcio, rispondendo alla suddetta sollecitazione di parte sindacale, ha dichiarato di non avere preconcetti riguardo ad una possibile adozione della settimana compressa.

In realtà questo repentino cambio di indirizzo dell’Amministrazione del MEF non ci stupisce affatto così come non ci stupisce che il tutto sia stato favorito e facilitato da una richiesta di parte sindacale attualmente al tavolo di contrattazione.

Ma perché la settimana compressa (36 ore settimanali con profilo orario 8:00/17:30 per 4 giorni di presenza) viene introdotta nel CCNL FC 2022/2024? E qual è la correlazione tra tagli lineari alle spese dei ministeri e questo nuovo profilo orario?

L’apertura del tavolo negoziale all’Aran per il rinnovo del CCNL Funzioni Centrali 2022/2024 fu preceduta, come di consueto, dall’emanazione delle linee di indirizzo da parte del ministro della Funzione Pubblica Zangrillo. Uno degli obiettivi dichiarati per il rinnovo contrattuale era la sterilizzazione del costo dello straordinario per le Amministrazioni facenti parte delle Funzioni Centrali in quanto ritenuto non più sostenibile per il bilancio dello Stato. La soluzione individuata era di finanziare la spesa per gli straordinari con le risorse stanziate per il rinnovo contrattuale realizzando, di fatto, un trasferimento di spesa dal bilancio pubblico alle tasche dei lavoratori.

Nel corso della contrattazione le indicazioni del ministro sono rimaste formalmente lettera morta ma l’Aran e tutte le oo.ss. firmatarie di contratto sono comunque riuscite ad incidere indirettamente sul costo dello straordinario, nei termini indicati dal ministro, mediante il grimaldello dell’adozione dell’istituto della settimana lavorativa su 4 giorni.

È del tutto palese, infatti, che un lavoratore con profilo orario 8:00/17:30 per 4 giorni di presenza garantirà all’Amministrazione il presidio degli uffici senza poter usufruire dello straordinario. E se lo stesso lavoratore combinerà il profilo orario con la flessibilità in entrata ed in uscita (9:00/18:30 oppure 9:30/19:00) l’opera sarà completa. Tenendo presente che, oltretutto, la scelta dei giorni di presenza dovrà essere concordata con il responsabile dell’ufficio per garantire il buon andamento delle attività non è così difficile pensare che il personale si ritroverà con le presenze “a scacchiera” a presidiare gli uffici per l’intera giornata lavorativa senza poter usufruire di un solo minuto di straordinario, quindi praticamente a costo zero per l’amministrazione che conseguirà il tanto agognato taglio lineare della spesa per gli straordinari richiesto dal ministro Zangrillo garantendosi al contempo la copertura degli uffici full time.

Ovviamente l’adesione del singolo lavoratore alla settimana compressa potrà avvenire solo su base volontaria ma tutti noi conosciamo molto bene le dinamiche di questa Amministrazione in cui la volontarietà spesso diventa atto dovuto e le clausole di salvaguardia si trasformano in obbligo.

Vedremo come andranno le prossime riunioni e se questa convergenza di intenti tra Amministrazione e oo.ss. si concretizzerà nell’ennesimo provvedimento a danno dei lavoratori.

Quello su cui dobbiamo interrogarci fin da subito, invece, è se il ruolo del sindacato, dopo lo scandaloso rinnovo contrattuale al 5,78% a fronte di un’inflazione del 16%, sia quello di continuare a favorire e facilitare processi di riduzione salariale dei lavoratori della Pubblica Amministrazione o, invece, di contrastarli con ogni mezzo.

USB anche se non convocata, poiché l’art. 7 del CCNL nega il diritto all’informazione, al confronto, alla contrattazione integrativa, ai sindacati che non sottoscrivono il contratto collettivo, darà sempre voce ai lavoratori.

Lo ribadiremo sempre: una norma capestro, che non deriva da disposizioni legislative ma da scelte esclusivamente contrattuali, impedisce di valutare serenamente i contenuti dei contratti e di svolgere la tutela degli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici ad un sindacato che è nel Comparto Funzioni Centrali maggiormente rappresentativo. Da anni USB ha cercato di convincere le altre organizzazioni sindacali a modificare una norma palesemente antidemocratica. Nessuno ha voluto sostenere la richiesta ma, paradossalmente, le medesime organizzazioni sindacali quando non firmatarie si lagnano per le conseguenze.

I lavoratori sanno dove troveranno sempre USB.

HANNO GIÀ FATTO TROPPI DANNI! FERMIAMOLI!

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