L’intesa tossica tra Cisl e Meloni
Dal nazionale- All’assemblea nazionale della Cisl si è suggellato l’accordo, evidente da tempo, tra la Cisl di Sbarra (il segretario uscente che medita di “buttarsi” in politica) e Fumarola (la nuova segretaria) con la destra di governo. Qualche giornale titola che Meloni avrebbe strappato la Cisl a Tajani e a leggere il testo del disegno di legge sulla partecipazione, sulla quale la Cisl ha raccolto le firme e che si sta già discutendo in Parlamento, si riscontra un preoccupante accostamento tra l’idea di sindacato che ne viene fuori con quello che fu il corporativismo del ventennio. Al di là di una presentazione pomposa e piena di concetti vuoti, il disegno di legge ha le caratteristiche di un Manifesto ideologico per un sindacato che rifiuta il conflitto e assume il punto di vista dell’impresa, mirando al coinvolgimento responsabile dei lavoratori nei destini delle aziende tramite la compartecipazione agli utili, favorita dagli immancabili sgravi fiscali. Il corollario di questa proposta è stato subito colto dalla premier che ha colto l’occasione non solo per attaccare l’idea del sindacato conflittuale ma anche per sottolineare la necessità di superare “le rigidità dei contratti nazionali”, rafforzare il “welfare aziendale” e puntare ad usare sempre di più la Cisl come sindacato compiacente e collaborativo con gli intenti del suo governo.
Non è un fatto di scarsa rilevanza, anzi. Siamo di fronte ad una crepa rilevante nel tripartito che ha gestito il sistema sindacale praticamente da sempre. Una crepa che è destinata a mettere sotto stress le regole antidemocratiche che normano tutto il sistema delle relazioni industriali del nostro paese. A cominciare da quelle che stabiliscono che la mancata firma del Contratto nazionale nei settori pubblici equivale alla esclusione dalla contrattazione integrativa, che è quanto già comincia a ripresentarsi con la vicenda del CCNL delle Funzioni centrali, dove però a rimanere escluse adesso sono anche la Cgil e la Uil, oltre che l’USB.
In un paese di bassi salari e nel pieno di una forte e complessa crisi industriale, destinata probabilmente a peggiorare nei prossimi mesi, la Cisl sceglie di farsi strumento delle politiche governative, si schiera esplicitamente a destra e prova anche a darsi una cornice ideologica in questo suo riposizionamento. E la Meloni incassa così un allargamento della sua base di governo.
E Cgil e Uil che faranno? Al momento sembrano più preoccupate di rimanere orfane di un sistema che non le protegge più, che seriamente coscienti che il mondo sta cambiando. Nei settori pubblici rifiutano di firmare gli ennesimi contratti bidone mentre nelle categorie del privato, dai ferrotranvieri ai portuali, dalle ferrovie alla logistica, ecc. continuano a seguire il vecchio cliché. Sono in mezzo al guado, tra la paura di perdere le vecchie certezze e il rischio di avventurarsi sulla strada di dare ascolto agli interessi dei lavoratori. O probabilmente non sono più in grado di cambiare.
In ogni caso lo spazio per il sindacato conflittuale, lo spazio per l’USB, è sempre più grande.