NO AL FONDO SIRIO
In allegato l'atto costitutivo ed il materiale informativo.
All’inizio della prossima settimana i novelli promotori sindacal/finanziari del MEF, perdendo definitivamente il loro ruolo storico di rappresentanza del mondo del lavoro, hanno indetto assemblee dei lavoratori per propagandare le magnificenze del Fondo Sirio.
Il Fondo Sirio, costituito nel 2011 con atto sottoscritto da ARAN e CGIL CISL UIL e UGL, è stato ideato per convincere i lavoratori a costruirsi una pensione che integri quella obbligatoria (guarda caso dopo i disastri iniziati con la Riforma Dini e a fronte di quelli sempre più devastanti della Riforma Fornero, che guarda caso non hanno visto alcuna opposizione da parte delle OO.SS. che hanno firmato la costituzione dei Fondi pensionistici).
Sappiamo già che questi fondi integreranno solo le tasche di finanzieri, speculatori e sindacalisti, che figurano come consiglieri d’amministrazione di tale fondo, che prenderanno lauti gettoni di presenza.
Infatti a presiedere il Consiglio d’Amministrazione c’è Giorgio Allegrini, ex segretario generale della CISL INPS, con un compenso annuo di 21.000 euro stabilito nell’atto costitutivo, mentre altri otto sindacalisti figurano come Consiglieri.
USB da sempre si batte contro i Fondi pensione privati, a partire dalla durissima battaglia condotta per evitare che nel settore privato l’adesione alla previdenza complementare fosse obbligatoria. Oggi di quella battaglia resta ancora una forte traccia, perché l’adesione alla previdenza complementare nel settore dei lavoratori privati è facoltativa e la sottoscrizione è stata bassissima. Nella pubblica amministrazione, come la Presidenza del Consiglio dei Ministri, USB ha impedito l’avvio della previdenza privata bloccando veri e propri “accordi capestro” per i lavoratori.
Lì dove i fondi sono comunque stati avviati, il rendimento non è tale da garantire i guadagni prospettati ai lavoratori al momento della sua costituzione ma sicuramente, per chi li gestirà, sarà uno strumento per entrare ancor di più nei mercati finanziari facendo rischiare solamente i lavoratori.
Oggi sono partite le prove generali per l’avvio dei fondi previdenziali nel pubblico impiego, si olia il meccanismo e si tasta il terreno. Il sindacalismo non indipendente ha scelto di accettare la fine della previdenza pubblica per incentivare i lavoratori a ricorrere alle pensioni private privilegiando i fondi da loro stessi gestiti.
Ovviamente ci sono altre ragioni, oltre quelle non secondarie di natura etica, che ci fanno inorridire davanti all’ennesimo tentativo di questi sedicenti sindacati di speculare e far speculare altri sulla pelle dei lavoratori. Ne elenchiamo alcune:
· siamo contrari per principio allo smantellamento del sistema previdenziale pubblico e solidaristico e al peggioramento delle condizioni per accedere alla pensione pubblica;
· i fondi pensionistici sono controllati da banche e assicurazioni che si arricchiscono anche con la gestione e che utilizzano i soldi dei lavoratori per i loro investimenti e i loro “affari” privati, magari per la produzione di armamenti, inquinamento ambientale o speculazioni che penalizzano i lavoratori (basti pensare a quanto ci sta costando la crisi prodotta da banche, assicurazioni, e finanza varia...);
· i fondi non rendono quanto il TFS e una caduta del rendimento ne pregiudica l’andamento per anni (provate a immaginare i rendimenti dei fondi in questi anni di crisi mondiale...);
· se si va in pensione in un anno di “magra” il rateo sarà basso a prescindere da quanto versato;
· per avere una pensione accettabile non basta versare al fondo pensione una parte considerevole del TFS, ma sarà necessario incentivare di tasca propria la posta, circa altri 3.000 euro annui, la costituzione del fondo.
Indubbiamente siamo alla vigilia di una aggressiva e generalizzata campagna pubblicitaria per imporre la previdenza complementare nel pubblico impiego.
Questo ennesimo tentativo di espropriazione del salario, spacciato come investimento sul futuro, va respinto con forza e determinazione dai lavoratori che non devono cadere nella trappola di inesistenti rendimenti vantaggiosi o subire il ricatto del furto programmato della pensione duramente pagata con anni di lavoro.
Per questo CGIL, CISL, UIL e UGL farebbero bene ad aprire una forte battaglia per ripristinare dignitose pensioni pubbliche e non mettersi, per mero interesse proprio, a vendere come una conquista l’adesione ai loro fondi pensione.
Come se non bastasse il blocco a tempo indeterminato dei contratti e la riduzione del FUA, l’opera di sciacallaggio continua ora abbattendosi sulle liquidazioni dei lavoratori e il loro TFS che, se pur incrementati con briciole dalle Amministrazioni, non garantiranno comunque alcun recupero di quanto si è già perduto con le leggi, mai contrastate da alcuna organizzazione sindacale tranne l’USB, che hanno modificato radicalmente le pensioni pubbliche.
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