Pagina 162
Pagina 162 del programma dell'Unione:
"Crediamo che il lavoro flessibile non possa costare meno di quello stabile".
Nonostante milioni di voti, dalle ultime dichiarazione del Ministro del lavoro, il diessino Cesare Damiano, sembra che questo impegno non potrà essere mantenuto.
Questo, lo si può già intravedere nella prima circolare emanata dal ministro del lavoro, quella sui call center del 14 giugno 2006 (n.17), particolarmente importante dato che detta regole su quello che è diventato il settore simbolo della precarietà e che, certamente, verrà utilizzata come un "autorevole" precedente.
Il governo Prodi, quindi, comincia con una circolare sui co.co.pro., cioè con un atto amministrativo interno, la sua attività di impegno rispetto alla Legge 30.
Piuttosto che adottare provvedimenti di legge o di decretazione per intervenire definitivamente sulla fine del precariato, con la emanazione della circolare 17, il ministro del lavoro dimostra la continuità politica con il suo ex collega Maroni.
Anzi, dimostra, nella scelta della circolare agli organi di vigilanza, di utilizzare interamente gli strumenti e la filosofia della Legge 30 e dei decreti attuativi, in quanto la predetta circolare n° 17/2006 si presenta letteralmente come continuazione con le prime istruzioni impartite dal ministro leghista (circolare n°1/2004).
Ma fa ancora di più.
Mentre la precedente circolare manteneva ancora un carattere di astrazione e generalità normativa, il ministro dell'Unione, interviene in modo tale da far ben capire quali sono le reali intenzioni politiche del governo di centrosinistra sugli impegni assunti in campagna elettorale contro la precarietà.
La schizofrenica distinzione tra addetti ai servizi "in bound" e "out bond" e tutto quello che ne segue, dimostra la cosciente volontà di ignorare, da parte del ministro dell'unione, che l'organizzazione del lavoro e tutto il ciclo produttivo dei call center non esiste senza le collaborazioni e che, quindi, la differenza non passa, pericolosamente tra gli stessi lavoratori precari, tra il contenuto professionale differente, tra "in bound" o "out bound", ma nell'essenzialità del lavoro flessibile e precario in termini di costi.
La circolare è il sunto del pensiero fassiniano quello, cioè, dell'esistenza di una flessibilità buona e di una cattiva.
Ma perchè, questo governo come quello passato, il centrosinistra come il centrodestra, considerano inevitabili flessibilità e precarietà?
Perché, lavoratori che potrebbero essere tranquillamente assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, per fare quello che fanno, restano precari nello stesso posto di lavoro, o nella stessa mansione, per anni ed anni?
Perché le imprese, la Pubblica Amministrazione, preferiscono tenere le persone in questa condizione?
Per la semplice ragione che, così, queste lavoratici e questi lavoratori costano molto meno.
Vengono pagati meno e con meno contributi, sono disponibili a qualsiasi condizione e orario di lavoro, hanno meno pretese perché hanno paura e, poi, soprattutto si addossano ogni rischio.
Qualcosa va male? A casa.
Basta, quindi, con la solita favola della modernità del lavoro flessibile e precario e che si tratta solo di governarlo e di eliminarne gli abusi.
Esso è semplicemente uno strumento per far lavorare di più la gente, con più bassa retribuzione. E' uno strumento di sfruttamento, in quanto sono i fatti, la quantità del salario, le condizioni di vita, il malessere sociale profondo, a dimostrare che la precarietà viene utilizzata semplicemente perché conviene.
E questo governo, inizia a rimettere in pratica la solita vecchia logica, già praticata nella sua trascorsa esperienza governativa.
Visto che il male si estende ma fa bene all'impresa e al mercato, legalizziamolo, governiamolo.
E' la stessa vecchia logica praticata del "abbassiamo le tasse, così tutti le pagheranno" o, sui diritti del lavoro, "abbassiamo il loro livello medio, così il lavoro nero emergerà".
Invece, è vero l'esatto contrario.
Ogni volta che si abbassano le regole e le garanzie, aumenta l'evasione da qualsiasi vincolo.
La riduzione delle tasse si è accompagnata alla crescita dell'evasione fiscale e contributiva che, oggi, fa mancare allo stato cento miliardi di euro all'anno.
Le privatizzazioni hanno prodotto monopoli e rendite sfacciate.
Con il Pacchetto Treu e con la Legge 30 non è calato di una sola unità il lavoro nero, anzi è aumentato a dismisura.
Se si riducono i diritti di chi è più tutelato, non si fa salire chi sta più in basso, ma lo si fa sprofondare ancor di più.
Occorre, invece, estendere i diritti, stabilizzare e dare prospettive future a chi non li ha.
Ed è per questo che occorre abrogare la legge 30 e tutte le forme di flessibilità e precarietà introdotte con il pacchetto Treu.