POMIGLIANO - PUBBLICO IMPIEGO: uno stesso obiettivo, una stessa strategia.

Roma -

La vicenda della Fiat di Pomigliano non deve essere considerata come una normale vertenza aziendale, ma come un ulteriore passaggio di un percorso strategico che punta a definire un nuovo sistema sociale finalizzato agli interessi imprenditoriali.

Ma di chi ?

Esiste ancora una grande industria nazionale oppure, come è nella realtà, siamo di fronte ad una trasformazione dell’assetto produttivo in multinazionali che pretendono di utilizzare l’Italia esattamente come qualsiasi altro Paese in cui fare investimenti ?

In questo contesto, è evidente, quindi, che diventa funzionale creare condizioni sociali, economiche, normative, simili a quelle dei  Paesi in cui è più conveniente delocalizzare la produzione.

L’altra faccia della medaglia, sono le piccole e medie industrie che, da sempre, godono di un sistema di relazioni deregolamentate, con disapplicazione dei contratti e delle leggi.

Se questi sono i referenti, che modello sociale dobbiamo aspettarci ?

La riforma dell’articolo 41 della Costituzione, che subordina l’interesse di impresa all’interesse sociale, non è un vezzo populista, ma persegue l’obiettivo di sottrarre l’impresa alle sue responsabilità sociali e di renderla libera di rincorrere il profitto in tutti i modi possibili e con tutti gli strumenti possibili.

Se, finora, ci si era limitati, si fa per dire, all’individuazione del referente sociale non nel lavoratore ma nel cittadino consumatore ora, scomparsa la parola cittadino, rimane la trasformazione del patto sociale in semplice mercato, con l’impresa fuori dal controllo sociale. 
La contemporaneità della vertenza Pomigliano e della riforma dell’articolo 41 è, per lo meno, sospetta.

La Fiat non ha chiesto incentivi per l’auto, ma mano libera sul piano sociale, con la devastazione di tutto l’impianto relazionale sul terreno sia sindacale che normativo.

Dopo due anni di fermo, la Fiat riscopre improvvisamente Pomigliano ?

Sicuramente no: siamo di fronte, in realtà, ad un passaggio concordato con il Governo per spostare in avanti la libertà di profitto.

Siamo oltre la Grecia sul piano sociale e sindacale; l’uso della crisi economico-finanziaria per la ristrutturazione del modello produttivo passa da Pomigliano e porta con sé la revisione della Costituzione, di leggi, contratti, relazioni sindacali, libertà e democrazia reale.

L’evoluzione naturale della vertenza Alitalia.

Perché, se produrre auto in Polonia è così conveniente, la Fiat tenta di portare la Polonia da noi, riscoprendo la funzione strategica di Pomigliano, ferma da due anni, dopo aver decretato la morte di Termini Imerese ?

E’ evidente, quindi, che l’obiettivo è far scivolare verso il liberismo selvaggio il rapporto di lavoro, trasformando il contratto e le norme a garanzia dei lavoratori, in contratto individuale.

Un semplice accordo tra le parti che non necessita di intermediazione da parte del sindacato, il quale diventa elemento di disturbo della relazione di lavoro.

La riforma della Pubblica Amministrazione, il decreto Brunetta ed i contenuti della manovra finanziaria, sono il contraltare pubblico della stessa strategia adottata nel privato.

La riduzione del perimetro della P.A. consente il recupero di risorse per l’impresa ma corrisponde, anche, alla caduta delle regole e dei controlli.

Quello che rimarrà in piedi dovrà essere gestito come la Fiat di Pomigliano, senza regole, senza contratto, senza aumenti, con flessibilità totale e senza difesa sindacale. La sospensione delle garanzie contrattuali nella P.A. viene imposta per legge, non hanno bisogno di accordi sindacali che, comunque, otterrebbero facilmente: un vero e proprio golpe sociale degno delle migliori dittature sudamericane.

Anche in questo caso si tratta dell’ultimo atto di una strategia di lungo periodo, teorizzata prima e realizzata ora.

L’elemento più importante è comprendere le similitudini, individuare le strategie e conoscere gli attori della vicenda.

Dopo due anni di fermo, la Fiat si ricorda che i lavoratori di Pomigliano sono dei fannulloni: ma non lo erano solo i dipendenti pubblici ?

Gli stessi dati della Fiat danno il 3,7% di assenze per malattia, un dato tra i più bassi del gruppo. La denigrazione, costruita su dati falsati, ha lo scopo di isolare i lavoratori dal corpo sociale e dagli altri lavoratori, scatenando addosso a loro l’esecrazione collettiva.

La stessa strategia adottata con il pubblico impiego, dipinto come una massa di nullafacenti e concausa della crisi nella difesa dei propri privilegi.

Il ricatto del lavoro come strumento di gestione del personale e, nella P.A., il ricatto sulla corresponsione del salario accessorio (ma non solo), svolgono la stessa funzione.

La flessibilità, spinta fino all’arbitrio dell’azienda, subordina le condizioni di vita e di lavoro alla fluttuazione del profitto e, quindi, al rischio di impresa.

Nella P.A., la flessibilità è subordinata al salario accessorio, alla dirigenza trasformata in quadro aziendale, al gradimento delle prestazioni; una sorta di rischio di impresa riflesso.

A Pomigliano, il contratto viene stravolto ed azzerato; nella P.A. i contratti sono sospesi per quattro anni, si toccano pesantemente pensioni e liquidazioni.

Per non parlare, inoltre, dello smantellamento di servizi e funzioni.

Basta guardare quello che accade in "casa nostra", con la soppressione di 103 uffici in favore di una società basata sull'illusione del gioco e non sul lavoro.

Il MEF, dicastero chiave, ha avuto da sempre una funzione d’avanguardia in questa fase di attacco ai diritti, con drastiche riduzioni delle dotazioni organiche, privatizzazioni selvagge, esternalizzazioni, programmi di smantellamento dei servizi vivi resi all’utenza come quelli riguardanti gli uffici territoriali, prima con il DPR 43 del 2008, ora con la L. 73 del 2010.

Qualcuno, poi, si è "sciacquato la bocca" utilizzando la consultazione dei lavoratori come fattore legittimante che di fatto, è stata praticata, da sempre, in "camera caritatis" all’interno di assemblee addomesticate.

Ora, quindi, si scopre la necessità del referendum, fin qui sempre negato, solo perché si è avuto la certezza di portare i lavoratori a votare con la pistola alla tempia.

Questa non è democrazia sindacale, ma lo strumento per annichilire la funzione del sindacato e di quelle frange che non si sottomettono alla nuova fase.

Nonostante tutto questo, bisogna applaudire al coraggio di quel 36% che ha detto NO e che, oltre a restituire la dignità ai diretti interessati, parla a tutto il mondo del lavoro.

Non è un caso, quindi, che CISL, UIL, PdL e Pd si sono espresse per il sì; e la CGIL ?

La CGIL confederale si è schierata per il sì, inventando possibilità di modifiche all’accordo, mentre continua a proporsi come mediatrice del conflitto sociale utilizzando le categorie, come la Fiom in questo caso, per contenere la spinta dei lavoratori.

Ma, in realtà, cosa propone la Fiom, dopo che ha invitato i lavoratori ad andare a votare senza, però, dare alcuna indicazione per il NO ?

Semplicemente l’applicazione del contratto sottoscritto e che la Fiat ha disdettato, affermando che consente addirittura più flessibilità dell’accordo, ma nel rispetto della forma: come fa la CGIL da anni nel settore tessile o nel commercio, dove la flessibilità totale è la regola.

Confondere l’atteggiamento della Fiom, però, per un risveglio delle coscienze addormentate della CGIL è un errore; l’unico segnale che la Fiom potrebbe dare, in questo momento, è rompere con la CGIL: ma è un evento a cui non assisteremo mai.

Allora, è credibile l’atteggiamento della Fiom che, contando sull’esito del referendum, scarica la responsabilità della sconfitta sugli altri lavoratori ?

Esattamente come non può essere credibile lo sciopero indetto dalla CGIL Funzione Pubblica il 25 giugno scorso: da quella stessa organizzazione che ha sottoscritto il memorandum e che nasconde, dietro la non firma dell’accordo sul contratto triennale (ma tenacemente voluto), la firma di innumerevoli accordi di settore.

Se volevano la sollevazione del pubblico impiego c’era lo sciopero del 14 giugno indetto dal sindacalismo di base.

Stendiamo un velo pietoso, poi, sulla farsa effettuata dalla CISL (con i padroni seduti alla presidenza) o quello indetto dalla UIL per il mese di luglio.

La Fiat ha sospeso la cassa integrazione nel giorno del referendum; in questo modo, i lavoratori erano obbligati ad andare in fabbrica e non potevano sfuggire al voto. Ma quale era il quorum utile e chi lo ha deciso ?

Può considerarsi, quindi, democratico o semplicemente normale, che una consultazione di 5.200 lavoratori, sotto il ricatto della perdita del lavoro, decida la sospensione di diritti, contratti e costituzione ?

Nel frattempo, nel Pubblico Impiego a 3.600.000 lavoratori, che non vengono mai consultati su niente, viene negata la possibilità di eleggere i propri rappresentanti sindacali e vengono imposti, come loro rappresentanti, le emanazioni pubbliche di quegli stessi che oggi affossano i lavoratori di Pomigliano D’Arco.

Due pesi e due misure, oppure un’unica strategia di attacco allo stato di diritto ed alla democrazia nel Paese ?

Da quest'altra parte, Ichino, scimmiottato da Brunetta, per il Pubblico Impiego propone salari individuali, legati alla produttività ed alla condizione socio-economica del territorio.

Vale a dire che il valore della prestazione lavorativa non è uniforme e, soprattutto, non può essere contrattata da chi produce.

Siamo oltre le gabbie salariali e lo svuotamento dei contratti nazionali che, forse per questo, sono stati bloccati a favore di quelli territoriali; siamo al contratto e al salario individuale, legato al rischio di impresa ed al recupero di competitività attraverso la flessibilità totale.

Ma non è quello che vogliono imporre a Pomigliano d’Arco ?

 

In questa fase, quindi, le vertenze non sono più di carattere aziendale, ma contengono elementi generali che riguardano tutti.

Non è indifferente perdere a Pomigliano, così come non è indifferente perdere nel Pubblico Impiego. Così come non è stato indifferente perdere all’Alitalia.

Ma chi ha perso e, soprattutto, si poteva vincere all’Alitalia ?

Hanno perso i lavoratori per la subordinazione agli interessi imprenditoriali, per l’utilizzo della trattativa come elemento unico di iniziativa sindacale, vissuta esclusivamente all’interno dell’azienda, per la cultura del trovare la soluzione sempre e solo sul tavolo negoziale, per la mancanza di volontà di portare all’esterno dell’azienda la vertenza, per l’isolamento in cui sono stati confinati i lavoratori.

Sempre meno è possibile trovare la soluzione alle vertenze nell’ambito aziendale, per le diverse e differenti componenti che vi intervengono.

Si sarebbe potuto vincere solo si fosse costruito e conquistato l’egemonia tra i lavoratori e nei settori sociali di riferimento, per portarli ad una lotta di lungo periodo, capace di modificare rapporti di forza e relazioni sociali.

Sviluppare egemonia sociale è uno degli elementi che ci hanno portato a costruire l’USB, che diventa la risposta strutturale e strutturata alle trasformazioni in atto.

La capacità di costruire strategia sociale ci consente anche di annullare l’effetto delle eventuali sconfitte durante il percorso all’interno dei posti di lavoro.

Non ha senso esprimere atteggiamenti conflittuali nella forma senza realizzarli materialmente, restando protetti dalla propria condizione minoritaria e rifugiandosi dietro il risultato del referendum.
La difesa di Pomigliano deve diventare il primo banco di prova di una modalità strutturata di costruire conflitto sociale a difesa di fabbriche, così come della Pubblica Amministrazione, di ospedali, scuole, asili nido, stato sociale, servizi e diritti.

Senza subordinazione verso nessuno, senza fare da ruota di scorta da utilizzare nel rapporto con i lavoratori, ingannandoli perché si fa da velo e non si fa comprendere dove comincia l’avversario, il nemico di classe.

Senza temere passi indietro, sempre possibili, ma lavorando per farne due avanti.