REFERENDUM 25 e 26 giugno 2006: perchè NO !
Dopo la riforma del titolo V, voluta dal centrosinistra, il progetto di controriforma della seconda parte della Costituzione, che il centrodestra ha approvato a proprio uso e consumo come se fosse un regolamento di condominio, punta ad accentrare i poteri nelle mani del Primo Ministro, rimuove la centralità del Parlamento, intacca l’autonomia della Magistratura, introduce disparità di diritti tra cittadini di regioni diverse, ingigantisce la burocrazia e aumenta le clientele.
E’ un disegno che stravolge il senso della Costituzione nata dalla Resistenza antifascista.
I principi, i valori della Resistenza sono tutti dentro alla Costituzione e trovano, nella Costituzione, la loro piena formulazione: solidarietà, uguaglianza, fratellanza, pace, giustizia formale e sostanziale, democrazia economica e sociale.
Esiste, allora, un rapporto inscindibile tra Resistenza e Costituzione.
Smantellare la Costituzione equivale liquidare la Resistenza. La banalizzazione e il revisionismo storico della Resistenza equivale, a sua volta, sgretolare la Carta del 48.
Difendere la carta Costituzionale, quindi, vuol dire difendere i valori delle lotte partigiane.
Ma, il "NO" del 25 e 26 giugno 2006 è anche un "NO" deciso a qualunque "ripresa del dialogo" fra maggioranza ed opposizione per fare un'altra riforma il più simile possibile a questa, ma concordata.
Un "NO" ad una nuova bicamerale, ad un'altra assemblea costituente o, forse, ad una non meglio identificata convenzione.
La storia e la tecnica ci hanno messo di fronte a fatti e contesti nuovi.
Dalla bioetica al cambiamento dei rapporti fra i sessi, dalle nuove tecnologie del controllo individuale e sociale alle trasformazioni del mondo del lavoro con la sua precarietà e sfruttamento.
Questo richiederebbe, non una revisione della Carta fondamentale, ma un rilancio dei principi costituzionali, delle garanzie e dei diritti che ne derivano.
A forza di dire che la ripresa del dialogo è lì pronta, sia che vinca il no, sia che vinca il sì, il rischio è che a votare potrebbero andare in pochi e che il ceto politico "bipartisan" si senta ancora più autorizzato a fare quello che vuole.
A pagarne le spese sarebbero i lavoratori, gli studenti, i pensionati, i disoccupati, i precari, i ceti non parassitari del Paese, il cui interesse non è certo quello della devolution e della revisione della Costituzione ma, al contrario, che essa venga effettivamente applicata, nei suoi principi di giustizia sociale, di solidarietà e di lotta alle disparità ed ai privilegi.
Di fronte al cinico e trasversale stravolgimento dell’ordinamento democratico costituzionale, oggi sentiamo forte il dovere di invitare tutti i lavoratori che a quei valori si richiamano, a pronunciare il loro "NO" più deciso in occasione del Referendum fissato per il 25 e 26 giugno 2006.
Votare "NO" perché rimanga "NO".
Non lasciamo la Costituzione nelle mani di chi intende distruggerla.