Rinnovo CCNL Funzioni Centrali: finalmente si parla di ordinamento professionale. Ma come?
Dal Nazionale - La trattativa sul rinnovo del CCNL delle Funzioni Centrali ha affrontato il 21 luglio il tema dell’ordinamento professionale: finalmente dopo anni di attesa il tavolo, partendo da una bozza di proposta formulata dall’Aran, si è iniziato a discutere di un tema che per troppi anni è stato accantonato, creando nel tempo una discrasia profonda tra organizzazione del lavoro e inquadramento professionale del personale.
Per USB parlare di ordinamento professionale significa costruire una fotografia dei processi e dell’organizzazione del lavoro rispondente alle mutate esigenze organizzative delle amministrazioni e che nella sua formulazione risponda a due obiettivi per noi prioritari:
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garantire una prospettiva di crescita professionale ed economica per tutto il personale e non solo per una parte di esso, attraverso la valorizzazione dell'esperienza acquisita sul campo indipendentemente dal possesso del titolo di studio;
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affrontare e risolvere quel fenomeno oramai diffusissimo e che riguarda una parte consistente del personale che vive una condizione di sotto inquadramento e che pur non avendo il titolo di studio richiesto per l'accesso dall'esterno svolge da anni mansioni superiori ed ha ormai acquisito nei fatti quelle competenze e quelle conoscenze appartenenti all'area superiore.
Se non partiamo da qui, cioè dalla necessità di dare risposte e soluzioni a questi temi che poi significa mettere mano alle diseguaglianze ed alle ingiustizie profonde che attraversano i diversi settori del comparto funzioni centrali, riproduciamo e cronicizziamo quelle diseguaglianze senza dare le dovute risposte ai lavoratori.
La proposta dell’Aran è articolata su 4 aree: così come previsto dal Decreto legge 80, attualmente in fase di conversione, alle tre aree attualmente esistenti nei vari ordinamenti degli ex comparti confluiti nelle Funzioni Centrali, si è aggiunta una quarta area, quella delle elevate professionalità. Non ci eravamo quindi sbagliati quando avevamo denunciato l’ennesima incursione della legge, o meglio di Brunetta, nelle materie riservate alla contrattazione: la creazione di un’ulteriore area non è certo funzionale ad una semplificazione dell’organizzazione del lavoro delle singole amministrazioni e del conseguente inquadramento del personale ma, come abbiamo ribadito in sede di confronto, funzionale ad allungare la scala della gerarchizzazione attraverso la creazione di un contenitore destinato ad accogliere innanzitutto i prossimi ingressi iper-specializzati e iper-professionalizzati che entreranno nella P.A. a seguito dei concorsi legati al PNRR.
Abbiamo chiesto chiarezza sulla composizione di quest’area. Gli elementi che ci ha fornito l’Aran risultano troppo generici e in parte anche contraddittori come quando si parla di iscrizione all’albo ma contemporaneamente anche di possesso della laurea per poter accedere all’area. Inoltre la creazione di un’ulteriore area, con i conseguenti livelli economici connessi, rischia di bruciare gran parte delle risorse che (forse!) saranno messe a disposizione degli ordinamenti professionali dalla prossima legge di stabilità.
Anche la declaratoria delle aree ci sembra decisamente vaga ed indefinita: occorre precisarla e dettagliarla in maniera più puntuale, per restringere al massimo gli spazi di interpretazione da parte delle singole amministrazioni.
Abbiamo ribadito che posizioni organizzative e incarichi di responsabilità non devono gravare sui Fondi di Amministrazione: è quantomeno paradossale che a fronte di un’organizzazione del lavoro interamente nelle mani delle amministrazioni e della natura esclusivamente fiduciaria di questi incarichi, questi siano pagati con i fondi del personale, alimentati con parte degli stanziamenti per i rinnovi dei contratti, sottraendo ingenti risorse alla possibilità di effettuare progressioni economiche all’interno delle Aree.
Sempre analizzando la proposta dell’Aran abbiamo sottolineato come le modalità previste per le progressioni economiche non consentiranno, legate come sono alla valutazione e quindi alla discrezionalità ed alla soggettività del giudizio, la possibilità per tutti di fare passaggi economici, mettendo in discussione quel diritto alla carriera per noi irrinunciabile.
Siamo soltanto all’inizio di un confronto che non può che essere approfondito ed attento: dobbiamo costruire un ordinamento professionale che non solo sia in grado di sanare le storture prodotte negli anni, ma che sia anche proiettato nel futuro. Una sfida importante, alla quale non ci sottraiamo, disponibili a confrontarci sulle varie ipotesi e soluzioni che tengano conto in primis di superare la necessità del titolo di studio per i passaggi da un’area all’altra per arrivare a una soluzione definitiva del problema del mansionismo e per assicurare a tutti e tutte il diritto alla carriera dopo anni e anni di marcia sul posto.