VOGLIONO TUTTO !

Roma -

Fabrizio era addetto alle gru.

La notte scorsa ha lasciato definitivamente la moglie ed il suo bambino di quattro anni per motivi di lavoro.

Un impiego che, però, non l'ha strappato alla sua famiglia per offrirgli una brillante e diversa carriera.
Fabrizio ha smesso di vivere intorno all'una e venti di notte.

E' precipitato mentre stava lavorando attorno ad un container, poco prima che la gru scaricasse la merce dalla Mol Renaissance, battente bandiera liberiana ed appartenente alla compagnia giapponese Mitsui Osk Line.

Secondo una prima ricostruzione dei fatti, si trovava su una torre mancina per la mobilitazione dei container quando, per motivi ancora da accertare, potrebbe essere stato colpito da un oggetto in movimento, probabilmente un gancio o, forse, è inciampato cadendo al suolo 20 metri più in basso.

I soccorritori non sono riusciti a salvargli la vita: Fabrizio, infatti, è morto sul colpo.


I lavoratori, quindi, continuano a morire.

Muoiono perché i "valori" della ricchezza e del potere predominano su quelli della vita, della salute e, finché il profitto delle imprese sarà un "valore" prioritario al rispetto della vita dei lavoratori, i lavoratori continueranno a morire, a farsi male, ad ammalarsi.

Nel tanto decantato liberismo, che "fa bene allo sviluppo del paese", del "si può fare", di chi vuole abrogare l'articolo 18 e il Contratto Nazionale, il "valore" del profitto sarà sempre predominante su ogni altro valore e deve essere realizzato in qualsiasi modo: se serve una guerra si fa la guerra, se serve ridurre le norme di sicurezza, si riducono.

Punto e basta.

Il mondo del lavoro si è trasformato in un teatro di lotta disumanizzato, dove i lavoratori sono ridotti al ruolo di utensili, esistenze codificate costrette a rincorrere la speranza di sopravvivere, anche quando in fondo a quella speranza c'è il concreto rischio di trovare la morte.

Una lotta senza regole, senza senso e senza futuro.

Una lotta combattuta nel nome della produttività e della competizione sfrenata, dove tutti i lavoratori sono irrimediabilmente destinati a perdere mentre, a vincere, sono soltanto i padroni, quelli dei "conti nel Lichtenstein" che accumulano immensi profitti.

E poco importa se si tratta di profitti realizzati grazie agli accordi dei sindacati concertativi e alle leggi "riformiste" che hanno deregolamentato, flessibilizzato e precarizzato il lavoro; poco importa se le rendite delle imprese si accumulano mediante l'alienazione, i bassi salari, lo sfruttamento e l'assassinio della vita umana.

Diritti, sicurezza, salario, sono elementi che si legano l'uno all'altro e che non posso essere staccati l'uno dall'altro.


Anche il padre di Fabrizio Cannonero era morto sulle banchine del porto quando lui era bambino.
Questa è la triste realtà degli operai.

I padroni lasciano ai loro figli i soldi realizzati con il sangue dei lavoratori.

I lavoratori ereditano la morte.


E queste morti, le chiamano "bianche", quasi che non ci fossero responsabili per gli omicidi che si consumano ogni giorno sui posti di lavoro, quasi che le morti, gli infortuni, le mutilazioni, fossero frutto della casualità o della sfortuna.

Bianche, come qualcosa di neutro, chiaro, puro, asettico.

Invece, è rosso il colore del sangue che ogni giorno versiamo in nome del profitto; rosso è il colore della rabbia che proviamo per dover, ogni volta, piangere i nostri morti, vittime di una guerra in cui non si fanno prigionieri e in cui si combatte da una parte sola.

Ma il rosso è anche il colore della certezza che, un giorno, sapremo mettere fine a questa carneficina.

Fabrizio Cannonero, a soli 40 anni, lascia i suoi colleghi in preda alla paura di morire durante un normalissimo turno di lavoro e lascia la sua giovane famiglia, un bimbo di soli 4 anni che, ancora, lo attende varcare la soglia di casa.

 

VOGLIONO TUTTO.

Le nostre braccia, la nostra mente, la nostra vita.

 

 


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Guarda alcuni video di quello che accade sul posto di lavoro !

 

Video 1

Video 2

Video 3