D.L. 112 - perchè ?
DECRETO LEGGE N.112 del 25 giugno 2008
ANALISI DELLE NORME RIGUARDANTI LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E I DIPENDENTI PUBBLICI
PERCHE’ UN DECRETO LEGGE?
A fronte di una legge delega e decreti delegati preannunciati, quale è la condizione di urgenza che ha determinato la produzione di un decreto legge che scade entro 60 giorni se non trasformato in legge?
Crediamo che non si tratti di misure contingenti, ma interventi che hanno un effetto strutturale sulla pubblica amministrazione e quindi vanno analizzate.
Possiamo supporre più ipotesi, quali :
- Protagonismo del titolare della funzione pubblica?
- Volontà di forzare la mano sul piano politico, sindacale e dell’opinione pubblica?
- Difficoltà operative e politiche nel governo?
- Possibilità di ritirata sulle questioni più difficili, manovrando sulla conversione in legge del decreto?
- Strategia ragionata con le confederazioni per far sfogare le organizzazioni di categoria nei due mesi estivi in cui è più difficile la mobilitazione dei lavoratori?
La verifica delle motivazioni andrà fatta sul campo, con una strategia di mobilitazione crescente che a partire dai prossimi giorni costruisca un’opposizione sociale radicata e capace di darsi prospettiva di lungo periodo.
Quali sono i contenuti del decreto legge sui quali occorre riflettere per trasformarli in strumenti di aggregazione e mobilitazione dei dipendenti pubblici?
- RIDUZIONE DELLE FUNZIONI E DELLE STRUTTURE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
- PEGGIORAMENTO DELLE CONDIZIONI DI VITA E DI LAVORO DEI DIPENDENTI PUBBLICI
- RIDUZIONE DEGLI ORGANICI E ULTERIORE AUMENTO DELLA FLESSIBILITA’
- FLESSIBILITA’ CONTRATTUALE E SALARIALE
- DISCONOSCIMENTO DELLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI DI CATEGORIA A FAVORE DI UN RAPPORTO TUTTO POLITICO CON ALCUNE CONFEDERAZIONI
Come si realizza tutto questo? Vediamo alcuni dettagli :
RIDUZIONE DELLE FUNZIONI E DELLE STRUTTURE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE :
1. TRASFORMAZIONE IN FONDAZIONI DELLE UNIVERSITA’ (art. 16): si sottrae di fatto alla gestione pubblica una parte importante della ricerca scientifica a della formazione. Viene da chiedersi quali siano le prospettive per gli altri enti di ricerca extra universitari.
La fondazione permette l’ingresso dei privati, in qualità di investitori in un settore delicato. Non è solo il problema del finanziamento, ma si prospetta un intervento diretto nella gestione. Il risultato sarà un ricerca orientata dal privato in maniera molto più accentuata di quanto sia ora e che lo stato dovrà acquistare, una formazione finalizzata all’interesse del privato. Abbiamo visto la fine delle lauree triennali diventate in realtà un prolungamento della scuola superiore senza lo sbocco lavorativo come si era lasciato intendere.
Continua il percorso verso la fine del valore legale del titolo di studio che, nella previsione, verrebbe rilasciato da enti non direttamente dipendenti dallo stato.
Lo stesso decreto prevede una differenziazione contrattuale per gli operatori delle fondazioni che conserverebbero l’attuale normativa solo fino al prossimo rinnovo contrattuale; non si sa bene cosa poi si preveda, un altro comparto per le fondazioni al quale far accedere tutte le trasformazioni?
Né si comprende la collocazione degli attuali policlinici universitari che dovrebbero restare fuori dalla trasformazione (?) oppure consegniamo ai privati anche un pezzo importante del servizio sanitario nazionale?
E la proposta CISL di un comparto per i policlinici universitari è propedeutica a questa trasformazione o è un altro comparto separato?
Domande alle quali dovremo trovare la risposta.
2. RIDUZIONE DEGLI ORGANISMI COLLEGIALI E DUPLICAZIONE DI STRUTTURE (art.68): un’operazione dal basso contenuto di risparmio, ma che ha la funzione di poter eliminare tutti gli organismi di controllo scomodi che sono stati costruiti e consente di ricondurre alle amministrazioni le funzioni di detti organismi; in pratica il controllato e il controllore sono la stessa cosa.
Non è un caso che i primi organismi che vengono aboliti sono il Commissariato per il contrasto della corruzione, e il commissariato per la lotta alla contraffazione. Si comprende subito dove si vuole arrivare a parare.
Ovviamente non si fa menzione alcuna del personale ad essi assegnato, se e come verrà ricollocato e dove.
3. RIDUZIONE DEGLI ASSETTI ORGANIZZATIVI (art.74): è l’avvio di una profonda ristrutturazione della macchina statale e della sua presenza nei territori. La misura definisce i parametri generali e poi lascia alle singole amministrazioni la realizzazione del progetto. Una scelta che consente di portare a termine l’operazione in maniera frammentata, con toni bassi, come un normale atto amministrativo, rendendo difficile la mobilitazione unitaria dei dipendenti.
La riduzione degli uffici dirigenziali di livello generale del 20% e di quelli di livello non generale del 15% corrisponde a tagli di uffici e funzioni con riaccentramento delle stesse sul piano nazionale e regionale. Il ritrarsi dai territori comporta riduzione delle possibilità di accesso ai servizi pubblici e mobilità forzata per gli operatori e gli utenti.
La riduzione delle dotazioni organiche dirigenziali non esclude, però, la possibilità di immissione di nuovi dirigenti. Una apparente contraddizione che in realtà nasconde la volontà di una resa dei conti con una dirigenza pubblica ritenuta non più affidabile e la sua progressiva sostituzione con una nuova dirigenza tecnocratica e aziendalista.
La riduzione del 10% del personale con compiti logistico-strumentali è l’inizio del progetto di riaccorpamento delle funzioni in uffici polivalenti. La riduzione del 10% della spesa per il personale è stata contestata persino dalla Corte dei Conti, che ha evidenziato come i tagli lineari alla spesa pubblica si traducano in disservizi e rinvio di spesa ad esercizi successivi. Le forme di esercizio unitario di risorse umane previsto per le amministrazioni prelude alla esternalizzazione della gestione del personale, per ora, e successivamente al problema degli esuberi.
Le dotazioni organiche da prendere come riferimento sono quelle in atto al 30/06/08, compresi i precari oppure no? Le amministrazioni che non abbiano proceduto alla riduzione degli assetti organizzativi non possono fare assunzioni di nessun tipo. Una strada senza uscita.
In tutto questo progetto non appare chiaro il futuro dei dipendenti i cui uffici sono sottoposti a riduzione organizzativa e il dovere vedersela ente per ente, come sembra probabile, costituisce un problema in più da valutare.
4. SEMPLIFICAZIONI (in realtà TAGLI) (articoli 24-25-26-27-28-29-30-38): un’accozzaglia di banalità come il taglia leggi o il taglia carta per arrivare in maniera discreta alla libertà di impresa con la fine dei controlli della P.A. sulle imprese nascenti. Una serie di funzioni di controllo della P.A. che vengono abolite o delegate ad agenzie esterne di carattere privato o autocertificate. Tutto questo in una condizione in cui, nonostante i controlli possibili, l’elusione delle norme di sicurezza da parte delle imprese stanno facendo strage di lavoratori in tutto il Paese.
PEGGIORAMENTO DELLE CONDIZIONI DI VITA E DI LAVORO DEI DIPENDENTI PUBBLICI :
Oltre ai disagi individuabili all’interno dei processi di ristrutturazione, i dipendenti pubblici sono fatti oggetto di una serie di interventi mirati atti a peggiorare le già precarie condizioni di lavoro e di vita nei luoghi di lavoro.
1. ABOLIZIONE DEL DIVIETO DI CUMULO TRA PENSIONE E REDDITI DI LAVORO (art.19): una misura apparentemente positiva, in realtà istituzionalizza il doppio lavoro. L’incompatibilità e il precedente divieto di cumulo hanno creato un area di lavoro nero, ora lo si istituzionalizza e lo si rende possibile. Il punto successivo chiarisce il progetto che c’è dietro.
2. LAVORO FLESSIBILE NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI (art.49): il lavoro flessibile viene riconfermato come elemento determinante per garantire il funzionamento delle amministrazioni. L’aspetto innovativo è la barriera contro ogni possibilità di stabilizzazione dei precari così reclutati e, per impedire ogni possibilità di rivalsa, si precarizza anche la precarietà, mettendo limiti all’utilizzo dello stesso operatore.
3. ESCLUSIONE DAI TRATTAMENTI ECONOMICI AGGIUNTIVI PER INFERMITA’ DIPENDENTE DA CAUSA DI SERVIZIO (art.70): è l’inizio delle penalizzazioni delle condizioni di salute. Il riconoscimento della causa di servizio certifica un danno subito a causa del lavoro, l’esclusione dai trattamenti aggiuntivi penalizza questa condizione. Siamo di fronte ad un vero e proprio tentativo di deterrenza per le richieste di eventuali cause di servizio.
4. ASSENZE PER MALATTIA E PERMESSI RETRIBUITI DEI DIPENDENTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (art.71): siamo alla definizione dello stato di malattia come elemento negativo da combattere per ridurre le assenze per il recupero del proprio stato di salute.
Il primo passo è l’introduzione per tutti della tassa sulla malattia, i primi 10 giorni di assenza per malattia produrranno un danno economico rilevante perché esclude il pagamento delle indennità aventi anche carattere fisso e continuativo. I risparmi così ottenuti vengono considerati economie di bilancio. Il mito della produttività produce questo.
Per un periodo superiore ai 10 giorni e comunque per ogni eventuale altro episodio nell’arco dell’anno solare occorre una certificazione di una struttura sanitaria pubblica. Quale sia la struttura sanitaria pubblica non è ancora dato di sapere e si prevede un circolare successiva. L’esautorazione del medico di base e l’accumulo di richieste di certificazione alle strutture pubbliche, prevedibilmente pronto soccorsi, sono una faccia della riforma della sanità che ci aspetta.
Le fasce orarie, a dispetto di fior di sentenze, sono state dilatate fino a trasformare lo stato di malattia in una sorta di arresti domiciliari con un’ora d’aria dalle 13 alle 14. Non solo il danno economico, si aggiunge anche la penalizzazione della condizione.
I permessi retribuiti possono essere usufruiti solo come permesso orario e non per l’intera giornata.
Qualora questo sia previsto il permesso viene contabilizzato per il numero di ore che il dipendente avrebbe dovuto prestare in quella giornata. Vale a dire che i permessi retribuiti saranno calcolati in base alle ore che effettivamente si dovevano svolgere in quella giornata.
Le assenze dal servizio per permesso retribuito non sono equiparati al servizio per la distribuzione dei fondi contrattuali. Ci sono delle eccezioni, ma nelle eccezioni non sono contemplati i permessi sindacali. Si applica anche per questi l’esclusione dai fondi e quindi da una parte del salario accessorio?
Come abbiamo più volte denunciato, la lotta ai fannulloni e l’attacco alle assenze, si traduce in una grave limitazione dei diritti dei dipendenti e una perdita secca in termini salariali.
5. PERSONALE PROSSIMO AL COMPIMENTO DEI LIMITI DI ETA’ PER IL COLLOCAMENTO A RIPOSO (art.72): un ammortizzatore sociale per favorire l’esodo di dipendenti dalla Pubblica Amministrazione. Rischia di avere un effetto devastante se si considerano alcune questioni, come l’età media dei dipendenti pubblici, che è 50 anni; è facile prevedere che con tale possibilità siano in molti a scegliere la fuga.
Se a questo si aggiunge l’abolizione del divieto di cumulo dei redditi da pensione e da lavoro, si aprono prospettive che possono essere appetibili per molti: percepire una, pur minima, pensione e sommarla ad un altro stipendio.
Se ci mettiamo anche il continuo invito a prolungare l’età pensionabile e i processi di ristrutturazione, il gioco è fatto. Di contro non si prevedono piani di assunzione per cui la riduzione di uffici e servizi diventa un elemento di evoluzione naturale.
RIDUZIONE DEGLI ORGANICI E AUMENTO DELLA FLESSIBILITA’ OPERATIVA :
La soluzione prospettata è chiara, si incentiva l’esodo dei dipendenti, non si stabilizzano i precari, non si fanno assunzioni. Considerato che siamo già fortemente sott’organico, la conseguenza prevedibile è un aumento dei carichi di lavoro ai quali si dà risposta riducendo i diritti di assentarsi dal lavoro per qualsiasi motivo, compresa la malattia.
Il tutto senza aumenti salariali, anzi, come vedremo in seguito, con una riduzione del salario accessorio.
1. TURN OVER (art.66): le assunzioni ordinarie subiscono una forte limitazione introducendo l’ulteriore limite delle unità cessate.
Si prevedono ulteriori assunzioni per il 2008 con un fondo di 75 milioni (25 per il 2008 e 50 per il 2009) e si abroga l’analogo fondo previsto dalla finanziaria 2008 per il 2010.
Per il 2010 si riduce il turn over dal 60% al 20%, identica percentuale è prevista per il 2011.
Per il 2012 è previsto il 50% del turn over.
Le università vengono comprese nelle limitazioni all’utilizzo del turn over, è inoltre disposta la riduzione del fondo ordinario (FFO) di complessivi 455 milioni entro il 2013 (63,5 > 2009, 190 > 2010, 316 > 2011, 417 > 2012, 455 > 2013).
Per gli Enti Pubblici di Ricerca è previsto l’utilizzo del 100% del turn over per il triennio 2010-2012, sempre con il limite delle unità cessate. Non è chiaro per il 2009 se rimane la possibilità di utilizzare il 100% delle risorse del turn over o se vengono compresi nelle nuove limitazioni.
Lo sblocco completo delle assunzioni per tutta la Pubblica Amministrazione è rimandato al 2013.
2. STABILIZZAZIONI - Conferma della possibilità di utilizzare il 40% delle risorse liberate dal turn over per il 2008.
Riduzione al 10% per il 2009, riferito sempre alle unità cessate.
Per le Università le stabilizzazioni nell’anno 2009 devono essere comprese nella quota di turn over del 20% autorizzate per le assunzioni.
Per gli Enti di Ricerca permane il dubbio già espresso in precedenza.
Complessivamente c’è un pesantissimo intervento in materia di stabilizzazioni e di assunzioni ordinarie tutto mirato a ridurre la portata della già timida apertura realizzata dalla finanziaria 2007 (L.296/06).
Per quanto riguarda le stabilizzazioni dei contratti a tempo determinato, si considerano chiuse al 2009, come già anticipato nella circolare n.5 di Nicolais, con una consistente riduzione anche dei numeri previsti per quell’anno. Infatti oltre a ridurre le percentuali di turn over utilizzabili, si fa riferimento alle unità cessate e non alle risorse causando un’ulteriore riduzione.
Si lascia peraltro irrisolto il nodo del diritto individuale maturato da coloro in possesso dei requisiti stabiliti dalla legge e la proroga ex-lege dei contratti disposta dalla stessa legge e ribadita dalla Direttiva n.7 del 2007 del Ministro Nicolais.
Non si interviene sulle norme di stabilizzazione delle forme contrattuali diverse dai contratti a tempo determinato disposte dalla finanziaria 2008 (L.244/07) per le quali però si tiene fermo il DPCM necessario alla loro realizzazione, con la evidente volontà di farle cadere nel dimenticatoio.
L’intervento sulle false collaborazioni è del tutto inadeguato. Il limite di tre anni anche con forme contrattuali diverse non chiarisce che fine fanno coloro che lavorano negli enti da più di tre anni, con il rischio concreto che i lavoratori precari che in questi anni hanno consentito agli uffici di svolgere la loro funzione vengano licenziati. Anche perché, come già detto, non si da il via alle procedure di stabilizzazione per i contratti diversi dal tempo determinato.
Sulle assunzioni ordinarie si rimanda per lo sblocco al 2013, prevedendo per gli anni 2009-2012 limiti più bassi di quelli stabiliti in precedenza. Anche in questo caso, come per le stabilizzazioni, si riducono le percentuali di turn over utilizzabili e si fa riferimento alle unità cessate. In sostanza una ulteriore riduzione con ricadute pesantissime sugli organici già largamente sottodimensionati di tutte le amministrazioni pubbliche.
Pesante anche la riduzione del FFO degli atenei, funzionale alla privatizzazione prevista sempre nel decreto in questione.
FLESSIBILITA’ CONTRATTUALE E SALARIALE
Il ritorno allo strumento legislativo per definire la materia contrattuale dimostra come ci sia la volontà politica di esautorare ogni possibilità di intervento sindacale. Tale scelta diventa strategica per consentire la completa disfatta dei dipendenti pubblici/privati della possibilità di tutela sindacale.
1. CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA E CONTROLLO DEI CONTRATTI NAZIONALI ED INTEGRATIVI (art. 67): il taglio ai finanziamenti dei vari contratti è notevolmente oneroso e si colloca in ritardo colossale nei rinnovi. Nonostante il parlare di emergenza salariale, non solo non si aggiungono aumenti reali di salario prevedendo per il biennio 2008/09 l’aumento del 3,2%, ma si decurta quello già consolidato con la riduzione dei Fondi Unici del 10% rispetto ai tetti già bloccati del 2004, con una ripercussione sulla condizione economica dei dipendenti che ha dell’inverosimile in quanto si perdono, in alcuni casi, il corrispondente di 2, 3 o più rinnovi contrattuali.
Il taglio alle disposizioni speciali per alcuni comparti ha una effetto devastante con perdita di parti consistenti di salario. Il ruolo della Corte dei Conti diventa dirimente e la trasforma in un altro agente contrattuale senza obbligo di confronto. Senza il parere favorevole alla sottoscrizione del contratto, non solo non si può procedere, ma bisogna riaprire le trattative.
2. PROGRESSIONE TRIENNALE (art.69): ci si predispone alla triennalizzazione del contratto, dando per assodato che non ci sarà confronto sul modello, ma verrà adottato quello di confindustria.
3. PART-TIME (art.73): cessa di essere un diritto individuale e diventa una semplice concessione da parte delle amministrazioni e dalla quale diventa sempre più difficile tornare al tempo pieno.
Questi sono gli aspetti di più immediata lettura del decreto legge riguardanti direttamente il pubblico impiego. Una lettura completa del decreto consentirà di avere il quadro completo delle innovazioni anche sul piano sociale.