Mal d'ufficio
L'inchiesta sul nerofumo utilizzato nei toner e nelle fotocopiatrici
Vi riportiamo una interessante inchiesta di Francesco Loiacono, pubblicata su "La Nuova Ecologia.it" del mese di febbraio 2006, unitamente all'articolo collegato sul processo alla Goodyear di Latina.
Il documento affronta la tossicità del nerofumo, sostanza utilizzata nei toner di stampanti e fotocopiatrici presenti negli uffici.
Lavoro nero
Il nerofumo è una polvere derivata dal bitume e usata per la produzione di pneumatici.
Ma la troviamo anche nei toner di stampanti e fotocopiatrici. La storia di chi lavorandoci si è ammalato di cancro.
Lavorare stanca. E può far male alla salute.
Lo sanno bene tutte le persone chiamate a svolgere mansioni pericolose, magari “arrampicati” su qualche impalcatura. Ne sono meno coscienti quelli che svolgono la propria occupazione nel chiuso di un ufficio.
Mobbing a parte, i pericoli possono essere nascosti in un condizionatore mal funzionante, nei materiali utilizzati per l’arredamento o in un computer piazzato davanti a una finestra, ma anche nel cuore di stampanti e fotocopiatrici. Si trova lì dentro infatti l’ultimo arrivato di questa lista: il toner, accusato di provocare il cancro. Non si conosce la reale tossicità delle sostanze che contiene ma una di queste, il nerofumo – già classificata come «probabile cancerogeno» dall’International agency for research on cancer – è messa all’indice da numerosi studi scientifici e da tutti i casi di lavoratori che, dopo anni passati a contatto con questa polvere nera derivata del bitume, hanno sviluppato un tumore ai polmoni o alla vescica.
In Italia si conosce la vicenda dei portuali di Genova, addetti allo scarico del nerofumo, o quella dei lavoratori delle industrie di pneumatici, cui è stata riconosciuta la malattia professionale. In pochi però immaginano che anche un banale toner può essere pericoloso.
Malattie professionali.
«Adesso viviamo con i soldi che guadagna mia moglie perchè sono cinque anni che non lavoro più e che mi sono licenziato – racconta Francesco Rollo, trentanove anni, di cui sedici passati a lavorare in una concessionaria di macchine per ufficio a Foggia – Ero un addetto alla manutenzione e riparavo soprattutto stampanti e fotocopiatrici. Qualche anno fa ho cominciato ad avvertire dolori inguinali finchè un giorno ho urinato un liquido nerastro… ».
Da quel momento per Francesco Rollo sono cominciate le disavventure: ha prima subito l’asportazione del rene destro per l’insorgenza di un tumore e in seguito altri due interventi alla vescica per impedire l’espandersi del cancro. Troppo giovane per avere un male del genere secondo l’oncologo Raffaele Trevisonne, che l’ha visitato dopo gli interventi. Il medico gli ha consigliato di chiedere il riconoscimento della malattia professionale all’Inail e di lasciare il lavoro perché il suo male poteva essere stato causato dall’esposizione al toner delle stampanti e delle fotocopiatrici. L’Inail non gli ha ancora riconosciuto la malattia professionale e lui, nel frattempo, ha frequentato un corso della Regione Puglia per operatori informatici. E così, dopo aver imparato a utilizzare internet, Rollo ha cominciato a fare ricerche in rete per scoprire che a provocare l’urotelioma è il nerofumo, o carbon black: lo dicono alcuni studi scientifici internazionali raccolti sul sito del National institutes of health americano: www.nih.gov.
Il gruppo veleni.
Sono ancora pochi quelli che denunciano i rischi del nerofumo contenuto nei toner. Tra questi un’associazione tedesca (Malati a causa del toner, www.krank-durch-toner.de) che chiede di impedire, almeno nelle scuole e negli ospedali, l’utilizzo di fotoriproduttori al laser. Lo stesso Francesco Rollo ha creato un sito web (www.malattienerofumo.net) «per evitare ad altri questa sofferenza». Sofferenza per cui è stata riconosciuta la malattia professionale a 42 lavoratori portuali di Genova che avevano contratto un tumore alla vescica. Erano gli operai del cosiddetto “gruppo veleni”, quelli che negli anni Cinquanta avevano venti anni e facevano i lavori peggiori, oggi “lasciati” agli immigrati, come caricare o scaricare a spalla sacchi di 20-30 kg contenenti nerofumo: a volte qualche sacco si rompeva, e i lavoratori erano ricoperti dalla polvere nera.
Prima di emettere la sentenza del 2001 favorevole ai lavoratori genovesi, il giudice Gelonesi si è avvalso di uno studio condotto da Riccardo Puntoni, direttore del servizio Epidemiologia dell’Istituto nazionale di ricerca sul cancro di Genova. «Lo studio, pubblicato anche sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet – spiega il direttore Puntoni – si è concentrato su un gruppo selezionato e omogeneo di lavoratori (2.286 addetti allo scarico del nerofumo dal 1947 al 1960, ndr). Le conclusioni parlano di un raddoppio del rischio di tumori alla vescica per chi è stato a contatto con il nerofumo. Per cui – puntualizza l’oncologo – è possibile che ci sia una relazione dello stesso tipo anche per il nerofumo dei toner, anche se il passaggio non è automatico».
Scherzi a parte.
Questa polvere nera è utilizzata anche nelle industrie dei pneumatici, in cui si registrano casi di lavoratori affetti da tumori ai polmoni o alla vescica, a partire da quelle di Latina e Torino. Nel capoluogo pontino il prossimo mese si terrà la prima udienza del processo che chiama in causa i vertici del locale stabilimento della Goodyear. Mentre a Torino, per il caso della Michelin, il procuratore Guariniello, sulla base dei casi segnalati dall’Osservatorio sui tumori professionali da lui istituito, già nel 2000 è riuscito a ottenere un indennizzo per gli operai che si sono ammalati. Quello che al momento non è riconosciuto agli addetti alla manutenzione delle stampanti e delle fotocopiatrici. Per questo Francesco Rollo ha scritto sul suo sito: «Se conoscete storie simili e malattie legate al nerofumo potete contattarmi. Il mio impegno consiste nel far riconoscere questa sostanza cancerogena e obbligare a usare serie misure preventive».
E di altre storie ne sono venute fuori: Roberto Muscio, quarantacinquenne di Torino, anche lui addetto alla manutenzione delle macchine fotocopiatrici, in un anno è stato operato tre volte e appena un mese fa gli hanno impiantato un pacemaker nella vescica. «Con i colleghi – racconta Roberto Muscio – scherzavamo sul fatto che di gente sopra i cinquanta anni che lavora con queste macchine non ce n’è… Poi qualche anno fa ho cominciato ad avere dolori alla vescica e mi hanno diagnosticato una cistite interstiziale. Ho fatto ricerche su internet e ho scoperto la vicenda del signor Rollo. Insieme stiamo provando a far conoscere le nostre storie a più gente possibile: il nostro è un problema che solo in Italia potrebbe riguardare un migliaio di addetti alle macchine per ufficio». A differenza di Francesco Rollo, Roberto Muscio ha scelto di avere giustizia e di seguire le vie legali. «Ho fatto una denuncia alla Procura di Torino – spiega – Il mio obiettivo è il riconoscimento della malattia professionale, ma voglio anche capire se c’è una responsabilità delle case produttrici dei toner».
Il segreto di Pulcinella.
La responsabilità delle aziende produttrici potrebbe essere legata all’utilizzo di sostanze tossiche, magari non segnalandone la presenza sulle schede di sicurezza degli apparecchi, che peraltro non accompagnano il prodotto ma si devono richiedere al fornitore o leggere su internet. Noi siamo andati a verificare e, in effetti, sulle schede di sicurezza la presenza del nerofumo è segnalata. Sul suo grado di tossicità si fa però riferimento a ciò che certifica la Iarc (International agency for research on cancer): il nerofumo appartiene al gruppo 2B, «sostanze possibili di essere cancerogene per l’uomo». Non è quindi certo che questa sostanza provochi il cancro, ma la classificazione della Iarc risale al 1996 e da allora non è stata più aggiornata né ha ancora recepito gli studi condotti sui lavoratori esposti al nerofumo, come quelli delle fabbriche dei pneumatici.
«Non si fanno grandi studi ad hoc per rinnovare il giudizio della Iarc – spiega Valerio Gennaro, epidemiologo dell’Istituto nazionale di ricerca sul cancro di Genova – Manca un registro degli esposti alla sostanza, come quello realizzato per l’amianto». L’unica informazione riportata sulle schede di sicurezza è che il nerofumo è probabilmente cancerogeno, ma secondo il Niosh – l’Istituto statunitense di sicurezza e salute dei lavoratori – il nerofumo è cancerogeno se ha un tenore Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici) superiore allo 0,1%. Sulle schede di sicurezza dei toner questo dato è però omesso. «Si tratta di vedere se le schede di sicurezza dicono tutto. In teoria dovrebbero essere come il bugiardino di una medicina – riprende Roberto Muscio – invece su certe schede in alcuni casi c’è addirittura scritto “segreto commerciale”. Tant’è vero che alcune sostanze contenute nei toner come il cromo esavalente o il Tnf, classificate come cancerogene dalla Iarc, non sono segnalate».
Nel dubbio…
Con la direttiva 2002/95/CE Bruxelles vieta dal primo luglio del 2006 l’utilizzo di queste sostanze negli apparecchi elettrici. E senza che fossero mai state segnalate sulle schede di sicurezza dei suoi toner, la casa produttrice Ricoh ha recentemente comunicato che «in conformità alla direttiva europea» sono state eliminate dai suoi prodotti. La stessa casa produttrice (ma anche la Xerox, altra azienda leader nel mercato di stampanti e fotocopiatrici) ha risposto alle nostre domande dichiarando di non aver mai registrato nessun caso di lavoratore per cui sia stata accertata una malattia dovuta al toner, precisando che tutti i loro prodotti hanno superato i controlli previsti dalle normative.
Ma che i toner siano un fattore di rischio per la salute è ormai convinzione di molti.
Non a caso si fa riferimento a stampanti e fotocopiatrici anche nell’aggiornamento del decreto legislativo 626/94 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Le fotocopiatrici e le stampanti laser possono emettere diversi agenti chimici, fra cui ozono e solventi, anche in particelle finissime che possono provocare gravi malattie. Alcuni casi italiani sono raccolti sul sito del signor Rollo: una donna siciliana racconta di come le sue mani siano diventate viola e le labbra si siano screpolate mentre faceva delle fotocopie con una macchina il cui sportello del toner, difettoso, si apriva in continuazione.
«Storie di questo tipo forse sono solo la punta dell’iceberg – riprende il dottor Valerio Gennaro – Ciò che servirebbe è un ente pubblico che coordini in maniera sistemica la ricerca su queste patologie, sui casi di tumore e sulle possibili cause, piuttosto che concentrarsi esclusivamente sulla cura della malattia. Gli studi relativi a queste persone possono essere ripresi e valutati da organismi come la Iarc per arrivare a capire la reale tossicità di sostanze che, come il nerofumo, possono avere più di un organo bersaglio. È comunque un percorso – precisa l’epidemiologo – che deve essere chiaro, trasparente, rigoroso e tempestivo, che richiede molto tempo. In attesa di risultati più certi, si dovrebbe applicare il principio di precauzione e ridurre le esposizioni».
Latina, Goodyear sotto processo
In nove, fra dirigenti e capo reparto, chiamati a rispondere di omicidio colposo.
È un processo importante quello che si apre il 29 marzo a Latina.
Il giudice Cinzia Parasporo dovrà riconoscere, o negare, il nesso di causalità fra l’esposizione alle sostanze tossiche della fabbrica di pneumatici della Goodyear della città laziale e le patologie tumorali insorte a molti ex dipendenti. «Su 2.900 persone che hanno lavorato in quella fabbrica – racconta Augusto Campagna, un ex lavoratore che ha speso tante energie per far partire il processo – ne sono morte 140, l’ultima a gennaio dopo un intervento allo stomaco».
La perizia effettuata durante le indagini preliminari ha messo in evidenza inadempienze delle norme sulla sicurezza sul posto di lavoro e il nesso di causalità tra ambiente di lavoro e patologie insorte: neoplasie polmonari, tumori al pancreas, alla vescica, al tratto intestinale e alla laringe. Sono nove, fra dirigenti e direttori di reparto, le persone rinviate a giudizio con l’accusa di omicidio colposo pluriaggravato e lesioni colpose pluriaggravate. La fabbrica di Cisterna di Latina, aperta nel 1964 e chiusa nel 2000, non aveva neanche le barriere per separare i reparti e «le polveri della lavorazione potevano raggiungere addirittura la mensa», aggiunge il signor Campagna.
Erano polveri velenose di ammine aromatiche, nerofumo e amianto. «Ecco perché siamo determinati affinché vengano migliorate le condizioni di lavoro del settore chimico – dice l’avvocato del collegio delle parti civili Luigi Di Mambro – Per noi è un impegno morale preso con chi ha firmato le denunce nei nostri studi e ora non c’è più… ».
Un impegno al quale non fa mancare il proprio sostegno Legambiente, che si è costituita parte civile. È una storia, quella di Augusto Campagna e dei suoi colleghi, ripresa anche dal regista Riccardo Milani per realizzare Il posto dell’anima, in cui si intrecciano lotta per il posto di lavoro e storie d’emigrazione. Molti operai della Goodyear venivano dall’Abruzzo: anni fa erano in cerca di lavoro, ora attendono giustizia dal processo.