Passaggi tra le aree: lettera aperta ai lavoratori
In un vortice di "inoltra", "rispondi", "invia" e "richiedi conferma di lettura", le caselle di posta elettronica sono, in questi giorni, sommerse dal documento redatto da un gruppo di lavoratori appartenenti alla qualifica economica B3 concernente le procedure di riqualificazione tra le aree.
Una sorta di "catena di Sant'Antonio" che trova, in rete, condivisione, solidarietà e forte partecipazione emotiva.
E' indubbio che il disagio esiste.
Sarebbe molto grave tentare di negarlo o, tantomeno, minimizzarlo.
Occorre, però, comprendere, fino in fondo, le cause, l'origine, la genesi e le degenerazioni di questo malessere.
Non si può prescindere dall'analisi.
Non si può far finta di nulla.
Andiamo per ordine, operando una forte sintesi dei fatti.
Il 21 e il 22 dicembre 1999 l'amministrazione con Cgil, Cisl, Uil, Unsa, Salt e Fas sottoscrivono il Contratto Integrativo di Amministrazione.
Con questo accordo, si decide di limitare fortemente il legittimo diritto di carriera dei lavoratori.
Si parte con le progressioni all'interno delle aree. Una telenovela dove i colpi di scena non mancano. Si operano correzioni, integrazioni, cambi di criteri a procedure già attivate, accordi successivi che stravolgono quelli precedenti. Questo impianto "diabolico" produce incertezza, panico, desolazione e, contemporaneamente, introduce una condizione di maggiore vulnerabilità e di "guerra tra poveri". Una parte di colleghi riesce ad ottenere l'agognata "progressione". La maggioranza resta ferma e gli armadi dell'ufficio del contenzioso dell'amministrazione straripano di ricorsi.
L'amministrazione fornisce, verso la fine del 2003, una serie di "proposte" concernenti le procedure di riqualificazioni tra le aree. Nel contempo, l'infinita telenovela delle progressioni all'interno delle aree continua.
Solo il 17.3.2005 si avvia la discussione sul tema con la presentazione di una serie di "bozze", a cadenza ciclica.
L'accordo arriva il 23.6.2005 e viene sottoscritto dall'amministrazione con Cgil, Cisl, Uil, Flp e Intesa senza neppure la necessaria copertura finanziaria che, a tuttoggi, non esiste.
La RdB/CUB non firma.
Questi sono, sinteticamente, i fatti.
Il percorso sindacale e la posizione della RdB/CUB è nota.
Abbiamo contrastato, da soli, tutti gli accordi che si sono siglati e che hanno generato queste penose condizioni professionali. Abbiamo invitato i lavoratori alla mobilitazione, indetto assemblee, sollecitato i colleghi a non svolgere le mansioni superiori. Abbiamo garantito a tutti, indistintamente, il diritto ad essere informati correttamente e reso disponibili i documenti inerenti le fasi negoziali e quelle successive. Abbiamo dato ausilio e tutela ai lavoratori che ne avevano bisogno.
La nostra contrarietà all'ignobile procedura applicata sia per le riqualificazioni all'interno dell'area sia per quella concordata tra le aree, è stata sottoposta sempre alla valutazione e all'attenzione dei lavoratori.
Su questo punto, non c'è necessità di aggiungere altro.
Le richieste redatte da un gruppo di "assistenti economico finanziari" del Dipartimento della RGS vertono su alcuni elementi condivisibili: diritto alla carriera, disparità di trattamento, mancanta consultazione sull'accordo sottoscritto, impianto procedurale fondato sull'anzianità. Questo documento ripropone, sostanzialmente, parte della piattaforma della RdB/CUB presentata, a suo tempo, all'amministrazione.
Ci trova, invece, in disaccordo il giudizio parzialmente positivo sulle procedure adottate per la progressione all'interno delle aree persino pagate con i soldi di tutti i lavoratori. Altresì, ci sembra riduttivo sorvolare sulla responsabilità politica della nota dell'Igop che equipara le procedure tra le aree a quelle concorsuali (elemento portato all'attenzione dei lavoratori e sul quale solo la RdB/CUB ha preso posizione).
Infine, è ambigua e fuorviante la mancata distinzione tra la RdB/CUB e le altre organizzazioni sindacali che, sottoscrivendo l'accordo del 23.6.2005, sono le uniche responsabili della situazione denunciata.
Ma lo stato dell'arte non scaturisce solo da quello che abbiamo riportato sino ad ora.
Ci sono altri elementi dai quali non possiamo prescindere.
Cinque Finanziarie, varie leggi e decreti legislativi destrutturano la pubblica amministrazione e incidono profondamente sullo status del dipendente pubblico.
Un contratto nazionale di comparto, tre rinnovi biennali economici, i vari patti di Natale, gli accordi a Palazzo Chigi, un nuovo modello di ordinamento professionale siglato all'Aran da Cgil, Cisl e Uil, l'intervento europeo sull'orario di lavoro, la direttiva Bolkestein nonché lo scippo del TFS/TFR, ridisegnano il lavoro pubblico e privato tagliando i diritti salariali e professionali.
Credete veramente che non vi sia un nesso tra le attuali condizioni in cui versano i lavoratori e le scelte operate in campo economico e politico?
Credete che non vi sia una relazione tra i tagli agli organici operati nelle varie leggi finanziarie e i pochi posti individuati per le progressioni tra le aree (meno di 200 per l'area A e circa 350 per l'area B) unitamente all'impianto iperselettivo concordato tra amministrazione e Cgil, Cisl, Uil, Flp ed Intesa ?
I ridicoli stanziamenti disposti per i rinnovi contrattuali, per la formazione del personale non sono strettamente collegati al vincolo dell'invarianza della spesa per la progressione dei lavoratori?
L'utilizzo di lavoratori precari, di interinali senza tutele e senza diritti, non combacia con l'aumento del pericolo, della vulnerabilità e del ricatto a cui vengono sottoposti i lavoratori pubblici?
La nota che equipara le progressioni verticali alle nuove assunzioni, secondo voi, da dove nasce se non da queste scelte politiche?
Le condizioni frustranti dei lavoratori, nel caso specifico del mancato diritto alla carriera, derivano da linee economiche e processi politici.
E sono proprio in questi momenti che i lavoratori dovrebbero mobilitarsi, lottare, scioperare e manifestare, aderendo alle iniziative delle RdB/CUB.