Il MEF al tempo del “Colera”

Roma -

Continuano a pervenire a questa Organizzazione Sindacale segnalazioni da tutto il territorio nazionale riguardanti le condizioni di lavoro cui sono sottoposti i lavoratori degli uffici periferici del MEF in relazione all’emergenza epidemiologica da coronavirus.

Come la USB aveva già segnalato, a fronte di un’evoluzione del contagio sempre più pressante, l’Amministrazione del MEF continua a contrapporre misure di prevenzione dettate da “spontaneismo creativo” ma che risultano del tutto inefficaci in un’ottica di salvaguardia della salute dei lavoratori.

I Front-Office sono regolarmente aperti e non tutti vedono una presenza dell’utenza contingentata, le distanze di sicurezza previste dalle disposizioni emanate dalle autorità competenti non vengono quasi mai rispettate e in pochissimi casi si può contare su pannelli in vetro che separino i lavoratori dall’utenza. A ciò deve aggiungersi che, nella quasi totalità delle strutture organizzative, ai lavoratori non sono stati neanche forniti presidi medico-sanitari quali guanti monouso per gestire la documentazione proveniente dall’esterno. Per le Commissioni Tributarie, oltre a queste problematiche comuni, bisogna segnalare che le udienze, cui partecipano studi professionali che agiscono su tutto il territorio nazionale e giudici anche non residenti nella sede della Commissioni Tributaria di appartenenza, continuano ad essere celebrate regolarmente con misure preventive a tutela dei lavoratori francamente risibili.

In questo marasma, proliferano comunque le segnalazioni al datore di lavoro e ai dirigenti preposti da parte di RSU e RLS per segnalare tutte le problematiche riscontrate. Alla CTP di Roma, i lavoratori riuniti in assemblea hanno addirittura approvato una mozione nella quale hanno chiesto di implementare le misure di prevenzione indicate in una inadeguata circolare emanata ad hoc dal dirigente alla sicurezza. Ormai i lavoratori, per tutelarsi, sono costretti a sostituirsi agli organismi preposti alla loro sicurezza!!     

A fronte di una rete periferica totalmente allo sbando e la cui classe dirigente sta dimostrando ancora una volta sul campo la propria inadeguatezza, nella sede ministeriale di via XX Settembre, formalmente chiusa all’utenza ma non alle riunioni istituzionali, stiamo assistendo invece da giorni ad un crescendo di misure preventive emanate dall’Amministrazione che vedono l’accesso contingentato ai locali del bar interno, alla chiusura dell’area break e addirittura all’utilizzo contingentato degli ascensori, riservati solo per i piani più alti e ad un massimo di 4 persone alla volta.

Ultima in ordine di tempo la convocazione del 5 marzo 2020 con la RSU e le OO.SS. territoriali, per una nuova articolazione dell’orario di servizio al Palazzo di via Venti settembre per poi magari estenderlo alle altre sedi del MEF. Una proposta inutile e penalizzante per i lavoratori. La proposta: articolazione del servizio in due turni, uno mattutino dalle ore 8 alle ore 14 e l’altro dalle ore 14 alle ore 20. Una proposta inaccettabile! Così a pagare sarebbero ancora i lavoratori per far fronte alla ennesima emergenza. L’emergenza coglie sempre impreparata la nostra amministrazione, perché è sprovvista di un piano emergenziale strategico: si naviga a vista. L’articolazione dell’orario proposta dall’Amministrazione prevede solo 30 ore settimanali, l’orario mancante il lavoratore lo deve recuperare. Quando? Alla fine dell’emergenza! Oppure se è stato previdente gli verranno sottratte dalle ore lavorate precedentemente in eccedenza. Siamo al teatro dell’assurdo! Remissione economica e guadagno per l’Amministrazione:

  • Ore da recuperare e quindi servizio gratuito a fine emergenza;
  • Sospensione dei turni perché coperti dall’orario ordinario;
  • Niente buoni pasto perché entro le sei ore non è prevista alcuna erogazione;
  • Disagio personale e famigliare per le giornate di turno pomeridiano il turno pomeridiano;
  • Nessun controllo perché l’articolazione dei turni è demandata ai singoli dirigenti.

A questi ultimi è data inoltre facoltà come previsto dall’articolo 1 paragrafo II del dispositivo il prolungamento dell’orario nel pomeriggio e/o nei giorni festivi limitatamente al verificarsi di casi eccezionali.

Questo significa che ci saranno uffici per i quali non cambierà nulla rispetto all’attuale orario di servizio, mentre per altri sarà applicato alla lettera il nuovo “regime”.

Del resto l’attività istituzionale del MEF deve continuare e si continuano a tenere riunioni di lavoro con persone estranee al MEF e provenienti da tutta Italia (confidando nel buon senso dei partecipanti? Ma quanti lombardi, veneti, piemontesi, sono entrati al MEF in questi giorni?). Insomma il palazzo è aperto a tutti tranne che ai dipendenti.

Vista la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado si è per caso provveduto a garantire retribuzione e contribuzione ai genitori che sono costretti ad assentarsi in questa non facile situazione? Tutto tace!

Siamo di fronte ad un’Amministrazione che annaspa ed è selettivamente nel panico. Attenzione: niente bambini al MEF, ma riunioni con soggetti esterni sì, in nome della defunta tecnologia pagata dalla stessa annualmente milioni di euro.

Che dire…

A queste misure deve poi aggiungersi la circolare sullo smart working, emanata nella giornata di ieri, che vede aumentare le giornate da 6 a 15 ma solo per chi ha presentato la domanda nell’ultimo interpello. Inutile dire che una misura del genere, di questi tempi, è servita soltanto ad aumentare tra i lavoratori la c.d. “sindrome del Titanic”: chi può, con ogni mezzo, sale sulla scialuppa di salvataggio mentre tutti gli altri sono destinati ad affondare.

E tra coloro che affondano ci sono le categorie più fragili di lavoratori a cui dovrebbe essere garantito, per primi, di essere preservati il più possibile da un eventuale contagio. Parliamo delle categorie escluse a monte dalla fruizione del lavoro agile dall’Amministrazione del MEF, con una unilaterale e contraddittoria interpretazione della norma generale di riferimento: lavoratori in part time (destinato alle cure di propri familiari), in possesso di L. 104/92 per sé o per assistenza di familiari in condizioni di fragilità, gli affetti da patologie gravi. A questi soggetti non è stato consentito di presentare neanche la domanda, per la concessione del lavoro agile, per il personale inquadrato nelle aree si è fissato un tetto limitato, mentre il personale dirigente, che non è sottoposto al vincolo del completamento dell’orario di servizio, vi è stata una più ampia concessione. Figli e figliastri è questa la logica dell’Amministrazione. Anche la proposta di nuovo regime degli orari rientra in questa miope visione. Per l’emergenza bisogna fare anche sacrifici e quindi sacrifichiamo i lavoratori!

Preservare questi lavoratori e i loro familiari dal potenziale rischio dovrebbe essere un’esigenza prioritaria ma, a quanto pare, così non è.