BYE BYE MEF!
In allegato il testo del DM di riorganizzazione e la relazione illustrativa.
L’incontro del 9 luglio tra l’Amministrazione del MEF e le Organizzazioni Sindacali sullo schema di decreto di riorganizzazione del nostro dicastero ha dato indicazioni importanti sui cambiamenti in atto in termini di servizi e funzioni dello stesso MEF ed ovviamente anche sulle ricadute riguardanti i lavoratori che vi prestano servizio.
In termini di fredda analisi burocratica, il DM ha recepito le indicazioni normative del DPCM 27/2/2013 n.67 che, a sua volta, deriva dalle specifiche disposizioni di tagli del DL 95 del 6/7/2012 convertito nella L.135 del 7/8/2012 (spending review).
Tali indicazioni hanno determinato un drastico ridimensionamento delle posizioni dirigenziali non generali con relative riduzioni e/o accorpamenti di uffici e la soppressione delle prime 10 Ragionerie Territoriali dello Stato.
Tali riduzioni e accorpamenti hanno interessato tutti i Dipartimenti con diverse pesature proporzionali in termini numerici ma con obiettivi funzionali omogenei e rispondenti al nuovo MEF costruito dalle norme già in essere e da quelle in corso di perfezionamento.
Facendo una rapida ed asettica ricognizione sull’effetto dei tagli per i singoli Dipartimenti, si rileva una sostanziale conservazione dell’assetto del Dipartimento del Tesoro che perde solo 6 posizioni dirigenziali. In questo Dipartimento gli aggiustamenti sono quasi interamente indirizzati a rispondere ai nuovi dettati europei in materia finanziaria.
Il Dipartimento delle Finanze, non toccato dall’imposizione normativa dei tagli per quanto riguarda le Commissioni Tributarie, sacrifica ugualmente qualche posizione dirigenziale (16 di cui 11 ex art. 19) e cede al DAG le competenze in materia di amministrazione del personale delle Commissioni Tributarie, in capo ad alcuni uffici della Direzione della giustizia tributaria, e la Direzione della comunicazione istituzionale. Il resto subisce qualche variazione di rilevanza limitata.
Il DAG fornisce anch’esso il suo contributo con la perdita di 14 posizioni dirigenziali non generali e provvede a riadattare gli uffici ai nuovi numeri. Questo riadattamento quasi formale per molti uffici produce invece pesanti interrogativi sul futuro del CED di Latina, rimasto senza dirigente e con funzioni alquanto fumose.
Anche gli UDCOM (uffici di diretta collaborazione del Ministro) subiscono i tagli di rito passando da 30 a 24 posizioni dirigenziali anche se, come di prassi, non è dato conoscere gli effetti sul piano organizzativo.
La SSEF (Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze) mantiene provvisoriamente 3 posizioni dirigenziali, in attesa dello smantellamento e della riallocazione del personale che, salvo modifiche al testo normativo, dovrebbe rientrare negli uffici di provenienza.
Il Dipartimento della RGS è quello più colpito dalla sforbiciata, con la perdita di 86 posizioni dirigenziali non generali e una consistente rivisitazione funzionale sia sulla struttura centrale che su quella periferica.
In sintesi la RGS riduce in modo considerevole il suo peso specifico sui servizi erogati all’utenza con l’eliminazione delle prime 10 RTS e sulle funzioni di controllo della finanza pubblica attraverso la rimodulazione al ribasso degli Ispettorati Generali, degli uffici ispettivi e degli uffici centrali di bilancio. Invece, guarda caso, aumentano di 2 unità le posizioni dirigenziali per studio e ricerca assegnate al Ragioniere Generale dello Stato!
A parte l’impatto quantitativo del taglio subito dalla RGS, è evidente il risvolto funzionale del ruolo istituzionale di questo Dipartimento, il danno ai cittadini per l’abolizione di sedi eroganti servizi vivi sul territorio e la pesante ipoteca sulle sorti dei lavoratori in servizio nelle RTS soppresse.
Questo è il quadro sintetico emerso dalla documentazione e da alcune risposte fornite dall’Amministrazione nella riunione del 9 luglio u.s..
Nella stessa riunione il capo del DAG, dott. Ferrara, ed il Direttore degli uffici di diretta collaborazione con il Ragioniere Generale dello Stato, dott. Tanzi, in modo complementare hanno dato anche ulteriori elementi di riflessione sul futuro del MEF.
Il primo ha illustrato pragmaticamente il percorso di riadattamento funzionale del MEF in fase di completamento nel breve periodo, il secondo ha illustrato la “filosofia” di riferimento per la nuova organizzazione, in particolare della RGS, da attuare nel medio periodo.
Quello a cui si punta è un Ministero snello e tecnocratico con appendici territoriali ridotte e su base regionale, con l’informatizzazione sempre più diffusa nel rapporto tra servizio ed utenza e con la portabilità del lavoro da una sede all’altra mediante l’utilizzo delle dotazioni organiche regionali. Questo produrrà non solo la dematerializzazione del servizio, ma scaricherà il costo di eventuali risparmi sui cittadini, costretti a ricorrere sempre di più alle consulenze private così come è già accaduto con l’eliminazione del servizio di assistenza fiscale sul territorio, e sui lavoratori.
Insomma il MEF realizza il modello di Stato alleggerito delle sue funzioni primarie e del rapporto non solo di servizio al cittadino ma anche del suo ruolo di presidio, di legalità e riferimento nel territorio.
Questo del MEF è un percorso che viene da lontano e che comincia con la cessione all’INPDAP delle pensioni ordinarie e continua negli anni alternando le esternalizzazioni con passaggi di altri pezzi di attività e chiusure di sedi, fino ad arrivare alla soppressione delle storiche Direzioni territoriali dell’Economia e Finanze.
Fino ad oggi il Ministero dell’Economia e delle Finanze è riuscito a gestire questa serie di operazioni in regime di parziale pace sociale, ottenuta con accorgimenti di varia natura tra cui la ricollocazione senza danni irrimediabili dei lavoratori interessati alle cessioni di attività o soppressioni di uffici. Inoltre si è adoperata una politica gestionale di narcosi sociale degli uffici centrali, realizzata anche grazie alla possibilità di erogare una certa quantità di salario accessorio con la “giusta tempistica”, mentre si è ricorsi all’oscuramento della periferia, comunque ritenuta controllabile per via della frammentazione oggettiva e delle diversificazioni delle condizioni lavorative.
Adesso la situazione generale è precipitata e i margini di manovra risultano estremamente esigui, soprattutto per la gestione del personale in servizio presso le sedi soppresse o per quello eventualmente risultante in esubero dalle dotazioni organiche specifiche di imminente determinazione.
Bisogna infine sgombrare il campo anche dalle inutili illusioni sulla possibilità di apportare modifiche di rilievo, nel corso degli incontri tra l’Amministrazione e le Organizzazioni Sindacali, a provvedimenti blindati e derivanti da norme superiori. È arrivato il momento che tutti, lavoratori compresi, prendano atto dell’inconsistenza della contrattazione ma soprattutto del fatto che la strada della deriva della Pubblica Amministrazione è già spianata.
La USB si prepara a fronteggiare sia a livello generale che specifico di Ministero questo affondo devastante sui residui diritti di cittadinanza e salariali e chiede ai lavoratori di riappropriarsi del proprio destino sociale, partecipando e costruendo con la nostra Organizzazione Sindacale resistenza e conflitto.